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Un nuovo interessante provvedimento del Dott. Michele Ruvolo circa la presenza effettiva delle parti nel procedimento di mediazione e l'effettività del tentativo di conciliazione davanti al mediatore.
 

TRIBUNALE DI PALERMO
SEZIONE I CIVILE
 
in persona del Giudice dott. Michele Ruvolo, nel procedimento iscritto al n. XXXX dell’anno 2016 del Ruolo Generale vertente
TRA
XXX;
E
GRUPPO EDITORIALE XXX ed altri;
 
letti gli atti;
a scioglimento della riserva assunta;
OSSERVA
Parte attrice ha citato i convenuti chiedendo il risarcimento dei danni (quantificati in € 10.000.000) che scaturirebbero da una diffamazione a mezzo stampa.
All’incontro dinanzi al mediatore, svoltosi in data 21.12.2015, si è presentato l’attore personalmente, mentre in rappresentanza del giornale e dei giornalisti convenuti è comparso l’avvocato XXX.
Dal verbale di mediazione emerge che – dopo che il mediatore ha chiarito la sua funzione e le modalità di svolgimento della procedura, invitando le parti ad esprimersi sulla possibilità di procedere nel tentativo di conciliazione – “le parti, come sopra assistite e rappresentate, hanno convenuto di non procedere con lo svolgimento della procedura”.
Sono state prodotte agli atti le procure rilasciate dal legale rappresentante del giornale e dai giornalisti convenuti agli avvocati XXX e XXX al fine di rappresentarli, assisterli e difenderli nel procedimento di mediazione “conferendo loro ogni più ampio potere di legge, ivi incluso quello di transigere, conciliare e farsi sostituire nonché quello di formulare proposte conciliative e di concludere il procedimento di mediazione in oggetto”.
Ciò posto, va quindi verificato:
1) se la parte debba comparire personalmente nel procedimento di mediazione, se e quando possa delegare altro soggetto e se quest’ultimo debba essere persona diversa dall’avvocato che assiste la parte durante la procedura;
2) se la procedura di mediazione possa risolversi nel primo incontro in una semplice dichiarazione delle parti di non volere procedere oltre.
1. Per quanto concerne la prima questione va rilevato che il tentativo di mediazione non può considerarsi una mera formalità da assolversi con la sola partecipazione dei difensori. Non basta, dunque, un semplice incontro tra i soli difensori delle parti, ancorché muniti di procura speciale per la partecipazione alla mediazione, dal momento che in seno alla procedura la funzione del legale è quella di mera assistenza alla parte comparsa. L’esplicito riferimento operato dalla legge (art.8) alla circostanza per cui “…al primo incontro e agli incontri successivi fino al termine della procedura le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato” sottende evidentemente la volontà di favorire la comparizione personale della parte, da intendersi come indefettibile ed autonomo centro di imputazione e valutazione di interessi. In altri termini, il comma 1 dell’art. 8 scinde, già a livello lessicale, la presenza della parte (personalmente) da quella del difensore. Entrambi, infatti, devono congiuntamente partecipare al primo incontro di mediazione ed a quelli successivi (“le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato”).
    Peraltro, l’art. 5 D.Lgs. n. 28/2010 fa riferimento soltanto alla funzione di assistenza del difensore e non anche a quella di rappresentanza, dando quindi, da un lato, per presupposta la presenza degli assistiti e, dall’altro, per scontato che la parte ed il difensore siano due soggetti diversi. La possibilità di conferire una procura di carattere sostanziale ad altra persona (diversa dall’avvocato con funzione di assistenza) va quindi limitata alle sole ipotesi di accertata impossibilità di comparire personalmente. È questo il caso, ad esempio, del legale rappresentante di una società di grandi dimensioni o del soggetto affetto da gravi patologie o residente all’estero.
   Va al contempo notato, poi, che la soluzione della richiesta della presenza effettiva delle parti si pone maggiormente in linea, oltre che con il tenore letterale delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 28/2010, anche con la ratio delle stesse, il cui tessuto normativo è finalizzato ad ottenere, in vista di un’utile soluzione extragiudiziale della controversia, un confronto effettivo tra le parti ed a far emergere i loro concreti interessi davanti al mediatore.
   Al di fuori di queste ipotesi o di fattispecie analoghe deve quindi ritenersi che, in caso di mancata comparizione personale dell’attore, la sua domanda giudiziale non sarà sorretta da una buona condizione di procedibilità e potrà valutarsi l’applicabilità della disposizione sulla sanzione di cui al comma 4 bis dell’art. 8 del D.Lgs. n. 28/2010. La medesima sanzione potrà essere altresì applicata se a non comparire sia il convenuto senza giustificato motivo.
   Pertanto, inviate le parti in mediazione, il giudice dovrà dichiarare l’improcedibilità della domanda se non compare personalmente l’istante (o se questi addirittura non presenta la domanda di mediazione dopo l’ordine giudiziale), soggetto al quale andrà pure comminata la sanzione per mancata ingiustificata comparizione. Analogamente, se non compare personalmente in mediazione il chiamato, la detta sanzione andrà applicata a quest’ultimo, senza alcuna conseguenza relativamente alla procedibilità della domanda se l’istante è comparso.
regime sulla presenza effettiva trova, d’altra parte, applicazione in entrambe le forme di mediazione obbligatoria, ossia a quella prevista ex lege (anche se qui, come detto, la comparizione personale è esigibile limitatamente al primo incontro, dopo il quale la condizione di procedibilità si ha per formata ex art. 5, comma 2 bis, D.Lgs. n. 28/2010) ed a quella disposta ex officio iudicis. In entrambi i casi, invero, il giudice deve verificare se si sia formata una buona condizione di procedibilità secondo quelli che sono i requisiti delineati, alla luce di un’interpretazione sistematica e funzionalistica, dal D.Lgs. n. 28/2010.
2. Con riferimento alla seconda questione (se la procedura di mediazione possa consistere nel primo incontro in una semplice dichiarazione delle parti di non volere procedere oltre con lo svolgimento dell’iter mediativo) deve osservarsi che il primo incontro non può certo esaurirsi in una mera attività informativa, in quanto i difensori sono già a conoscenza delle informazioni che darà il mediatore sul contenuto e le finalità della procedura di mediazione, come regolata dal D.Lgs. 28/2010 e integrata dalla L. 98/2013. Ed infatti, il difensore, in quanto mediatore di diritto e titolare degli obblighi informativi ex art. 4, comma 3, nei confronti del cliente, non ha bisogno di informazione su funzione e modalità di svolgimento della mediazione.
   È pur vero che il mediatore nel primo incontro chiede alle parti di esprimersi sulla “possibilità” di intraprendere la procedura di mediazione, ma ciò significa essenzialmente che egli deve verificare l’eventuale sussistenza di impedimenti all’effettivo esperimento della mediazione e non anche la volontà delle parti, dal momento che in tale ultimo caso si tratterebbe, nella sostanza, di mediazione non obbligatoria bensì facoltativa, come tale rimessa al mero arbitrio delle parti medesime con evidente, conseguente e sostanziale interpretatio abrogans del dettato normativo nonché con dispersione della sua finalità esplicitamente deflattiva. L’impossibilità di procedere oltre l’incontro informativo implica la sussistenza di concreti impedimenti all’effettivo esperimento della procedura. E’ perciò escluso che l’impossibilità possa coincidere con la mera volontà delle parti di non dare inizio alla mediazione.
   Nell’ipotesi teorica di manifestazione (anche ad opera di una sola delle parti) di volontà contraria alla mediazione vi sarebbe un aborto legale della mediazione. Peraltro, se si ritiene che ogni parte può impedire fin dall’inizio l’effettivo svolgimento del procedimento di mediazione, ognuno dei partecipanti sarebbe titolare di un diritto potestativo alla chiusura del procedimento e gli altri sarebbero tutti in una posizione di soggezione. Ed è da credere che tale diritto potestativo verrebbe spesso esercitato se sol si considera che, come accennato, è stato aggiunto il comma 5 ter dell’art. 17 del D.Lgs. n. 28/2010, secondo cui nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione.
   Tuttavia, una corretta interpretazione dell’ordito normativo (in linea con la ratio della direttiva europea - ed è noto che gli operatori nazionali sono tenuti, secondo la Corte di Giustizia UE, a tentare un’interpretazione delle disposizioni nazionali conforme alle norme europee - che mira ad agevolare il più possibile la soluzione delle controversie in modo alternativo a quello giudiziario) esige che il mediatore, nell’invitare le parti e i loro procuratori a esprimersi sulla “possibilità” di iniziare la procedura di mediazione, debba verificare se vi siano i presupposti per poter procedere nell’effettivo svolgimento della mediazione (il cui procedimento comunque già inizia con il deposito dell’istanza di mediazione). Tali presupposti sono, ad esempio, l’esistenza di una delibera che autorizza l’amministratore di condominio a stare in mediazione (così come previsto dalla L. n. 220/2012) o l’esistenza di un’autorizzazione del giudice tutelare se a partecipare alla mediazione deve anche essere un minore ovvero la presenza di tutti i litisconsorti necessari.
   In definitiva, deve ritenersi che sia il mediatore, tenuto conto di quello che dicono le parti e gli avvocati, a valutare se sussiste la possibilità di proseguire nella procedura di mediazione (nella norma, infatti, non si legge “nel caso di risposta positiva”, ma “nel caso positivo”), il che spiega altresì la ragione per la quale il comma 5 ter dell’art. 17 del D.Lgs. n. 28/2010 contempla (come il comma 2 bis dell’art. 5) la possibilità di un accordo tra le parti in sede di primo incontro (prevedendo che in caso di mancato incontro non è dovuto compenso all’organismo).
   In merito alle conseguenze della mancata effettività della mediazione deve osservarsi che se è addebitabile all’istante (o anche all’istante) il mancato effettivo tentativo di conciliazione, allora la domanda non sarà procedibile. Tale improcedibilità determina nuovo invio delle parti in mediazione (se il giudice non aveva ancora rilevato l’improcedibilità e non aveva già disposto l’invio delle parti in mediazione) o sentenza di improcedibilità (se le parti erano già state inviate in mediazione dal giudice per mancato previo espletamento della mediazione ex lege o per mancato svolgimento della mediazione ex officio iudicis).
In particolare, constatata la mancata ed ingiustificata presenza effettiva delle parti, il giudice che non abbia già inviato le parti in mediazione non dovrebbe dichiarare con sentenza improcedibile la domanda ma dovrebbe assegnare alle parti un nuovo termine per la reiterazione della procedura di mediazione.
   Al mancato espletamento della procedura va infatti equiparata l’ipotesi del mancato regolare espletamento della stessa. In entrambi i casi deve ritenersi non formata una buona condizione di procedibilità, con la conseguenza che il giudice deve assegnare un termine per depositare l’istanza di mediazione, a nulla rilevando che sia stato perfezionato un procedimento irregolarmente svoltosi.
   La differenza che deve farsi non è tra procedura irregolare e procedura mancante o con termine finale non scaduto, ma tra il verificarsi di questi casi prima del rilievo officioso e il verificarsi delle medesime ipotesi dopo che il giudice ha inviato le parti in mediazione.
   Invero, se la mediazione è mancata o non si è ultimata o è stata irregolarmente svolta il giudice non potrà che accertare che non si è ben formata la condizione di procedibilità e dovrà mandare le parti in mediazione. Diversamente, quando il giudice ha già disposto che le parti instaurino il procedimento di mediazione indicando pure la necessità della loro comparizione personale, se le parti non hanno rispettato il provvedimento giudiziale non introducendo il procedimento o non esperendolo regolarmente (ad esempio tramite comparizione personale), non si potrà inviarli nuovamente in mediazione poiché diversamente opinando tale meccanismo potrebbe ripetersi all’infinito.
   Più specificamente, inviate le parti in mediazione, il giudice dovrà dichiarare l’improcedibilità della domanda se non compare personalmente l’istante (o se questi addirittura non presenta la domanda di mediazione dopo l’ordine giudiziale), soggetto al quale andrà pure comminata la sanzione per mancata ingiustificata comparizione. Analogamente, se non compare personalmente in mediazione il chiamato, la detta sanzione andrà applicata a quest’ultimo, senza alcuna conseguenza relativamente alla procedibilità della domanda se l’istante è comparso.
   Se però l’istante sia presente personalmente ed intenda procedere oltre l’incontro informativo e sia la parte convocata (il convenuto nella causa) a dichiarare l’impossibilità di proseguire oltre il primo incontro, allora, sempre che sussista la relativa verbalizzazione, non vi sarà l’improcedibilità della causa, bensì, ove il diniego non risulti giustificato, la possibile applicazione a carico del convocato/convenuto delle sanzioni.
3. Nel caso di specie i legali dell’attore hanno riferito, all’udienza del 29.11.2016, quanto segue: “eravamo presenti alla procedura di mediazione. Il XXX è intervenuto per primo rappresentando il gravissimo stato di disagio causato dall’anticipazione on line dell’articolo in oggetto. Poi sono intervenuto io, avv. XXX, rappresentando alcuni profili giuridici della vicenda e soprattutto la chiarezza dei comunicati diramati dalla Procura di Palermo ed a seguire di altre Procure siciliane che escludevano l’esistenza delle intercettazioni. In videoconferenza a Roma, in un’altra sede dell’organismo di mediazione, era presente un altro mediatore insieme con l’avv. XXX. Nella sede di Palermo eravamo presenti noi due avvocati, il XXX ed un mediatore. Il XXX ha esposto il suo stato d’animo e ha parlato con l’avv. XXX in videoconferenza del merito della vicenda e del suo stato d’animo… l’incontro di mediazione svolto non si è limitato ad un semplice incontro informativo. L’avv. XXX ha pure fatto riferimento a giurisprudenza del Tribunale di Milano o di Roma su alcuni precedenti in tema di quantificazione del danno da diffamazione. È stata effettivamente avanzata dall’avv. XXX una proposta conciliativa”.
Il legale dei convenuti ha poi riferito alla medesima udienza: “ero presente alla procedura di mediazione in videoconferenza presso la sede di Roma dell’organismo di mediazione. Io ricordo uno sfogo veemente del XXX sulla vicenda oggetto del giudizio. Ad un certo punto io ho fatto una proposta conciliativa, che non è stata ritenuta congrua da controparte, che non l’ha presa in considerazione”.
Pertanto, è del tutto pacifico che l’attore è comparso personalmente in mediazione assistito dai suoi difensori, mentre i convenuti erano rappresentati da un avvocato. Inoltre, è altrettanto pacifico che le parti abbiano discusso di criteri di quantificazione del danno da diffamazione a mezzo stampa e di una concreta proposta conciliativa, il che comprova l’effettività del tentativo di mediazione svolto.
4. Da quanto sopra esposto consegue che è priva di giustificato motivo la mancata partecipazione personale dei convenuti al procedimento di mediazione.
   Ne discende l’applicazione di quanto disposto dal comma 4 bis dell’art. 8 del d.lgs. n. 28/2010, a mente del quale “il giudice condanna la parte costituita che (…) non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio”.
   Il tenore di tale disposizione di legge non sembra lasciare margini di discrezionalità al giudice, il quale è dunque tenuto – una volta ravvisata la mancanza di un motivo che giustifichi l’assenza di una parte al procedimento di mediazione laddove esso sia previsto, come nel caso di specie, quale condizione di procedibilità – ad applicare la sanzione di cui al citato comma 4 bis.
   Ne deriva, pertanto, la condanna dei convenuti al pagamento in favore dell’Erario della somma di Euro 1.686,00, tale essendo l’importo versato da parte attrice a titolo di contributo unificato.
   Deve ora esaminarsi la questione relativa al momento processuale in cui deve comminarsi la sanzione per ingiustificata, mancata comparizione al procedimento di mediazione.
   Al riguardo va innanzitutto premesso la norma di cui al comma 4 bis dell’art. 8 del d.lgs. 28/2010 (introdotta da ultimo nel 2013 dopo la sentenza della Corte costituzionale 272/2012 ma identica a quella già apportata dalla legge 148/2011 di modifica del comma 5 dello stesso art. 8) affonda le sue radici, molto probabilmente, nel decreto ministeriale del 6 luglio 2011 n. 145 (entrato in vigore il 26 agosto) con il quale è stato modificato il D.M. 180/2010 introducendo, tra le altre cose, il pagamento della sola somma di € 40,00 o € 50,00 per il caso di mancata comparizione del chiamato.
   In altri termini, introdotta un'agevolazione economica per l'istante (non essendo giusto che questi sostenesse costi, a volte anche ingenti, per un tentativo di conciliazione neppure svoltosi a causa del comportamento non collaborativo dell'altra parte), occorreva stimolare in qualche modo la partecipazione del chiamato alla mediazione. Ciò anche per evitare che si potessero creare situazioni di tacito accordo tra i litiganti al fine di non far comparire il convenuto ed andare in giudizio a modico prezzo.
   Ecco che per sollecitare il chiamato a partecipare al tavolo della mediazione si è pensato ad una sanzione economica come misura che bilanciasse la ridotta spesa per il caso di mediazione contumaciale e facesse riflettere bene il chiamato sull'eventuale scelta non collaborativa.
   Che si tratti di misura sanzionatoria è reso evidente dal fatto che il pagamento non viene ordinato in favore dell'attore ma in favore dello Stato. Quest'ultimo, che ha già incassato il contributo unificato da parte dell'attore, riscuote anche un'altra somma di pari importo.
   E proprio perché si tratta di una sanzione imposta dallo Stato e non di un rimborso all'attore delle spese per il contributo unificato, non vi è la necessità che la valutazione del giudice sull'imposizione di tale sanzione venga fatta in sede di decisione sul regime delle spese di lite in sentenza. Nulla esclude che anche prima della sentenza il giudice possa emettere la condanna in questione. Certo, occorre che sia chiaro il motivo della mancata comparizione, motivo che può essere esplicitato dal convenuto già in comparsa di risposta (come nel caso di specie) o alla prima udienza, con conseguente possibilità di emettere in quest'ultima sede la relativa condanna. Si dovrà invece attendere la scadenza delle preclusioni istruttorie di cui ai termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. o la fine della fase istruttoria quando il motivo sia allegato e si intenda provarlo per testimoni o con documenti da depositare nei detti termini. La valutazione sulla sanzione economica in questione andrà infine effettuata nella fase decisoria quando essa sia costituita, ad esempio, dalla temerarietà della lite.
   Se poi non viene addotta alcuna ragione della mancata partecipazione o se il motivo fatto valere non è ritenuto dal giudice giustificato la condanna è automatica. La legge non attribuisce al giudice alcun potere discrezionale. La norma prevede che in assenza di giustificato motivo il “giudice condanna”. Non è utilizzata l’espressione “può condannare”, che sarebbe stata invece indicativa di una facoltà attribuita al giudice. Il “può” è impiegato nella prima parte del comma 4 bis a proposito degli argomenti di prova, ma non anche per l’applicazione della sanzione economica.
   Neppure può ritenersi preclusivo all’immediata comminatoria della sanzione economica in questione il fatto che non sia stata convertita in legge quella parte dell’art. 12 del decreto legge 22 dicembre 2011 n. 212 che prevedeva che tale sanzione venisse comminata “con ordinanza non impugnabile pronunciata d'ufficio alla prima udienza di comparizione delle parti, ovvero all'udienza successiva di cui all'articolo 5, comma 1”. La mancata conversione in legge di questa parte del decreto legge 212/2011 depone non per una necessaria valutazione in sentenza dell’applicazione della sanzione (che, come detto, è estranea al regime delle spese di lite), ma per una non necessaria predeterminazione del momento dell’iter processuale in cui il giudice deve effettuare il sindacato in questione e deve procedere ad irrogare la sanzione se non ritiene giustificata la mancata comparizione.
   Mai comunque si può condannare chi, non comparso in mediazione, sia rimasto contumace pure in giudizio. Nonostante la sua mancata comparizione in mediazione rimanga ingiustificata, deve rilevarsi che la modifica normativa rende possibile una condanna solo nei confronti della "parte costituita". Ed è giusto che sia stata operata questa limitazione, poiché altrimenti si sarebbe introdotta una sanzione indiretta della contumacia a forte rischio di incostituzionalità. Ciò che, invece, si è voluto tentare di evitare è che chi vuol far valere le proprie ragioni in giudizio in relazione alle richieste dell'attore possa agevolmente sottrarsi al tentativo di conciliazione. Chi non è personalmente presente e poi invece si costituisce in giudizio aumentando il contenzioso giudiziario e la ragionevole durata degli altri processi deve giustificare il motivo della sua assenza.
   Ora, nell’alveo del presente giudizio è ben chiaro quale sia stata la ragione della mancata personale comparizione in mediazione dei convenuti, che ritenevano di poter delegare ad altro soggetto la partecipazione alla procedura di mediazione.
   Non occorre sul punto procedere ad alcuna attività istruttoria né si deve aspettare la fase decisoria del giudizio (alla quale invece andrebbe demandata l’eventuale condanna per le ingiustificate assenze basate sull’infondatezza della pretesa avversaria), fase nella quale non si disporrebbe di elementi ulteriori rispetto a quelli di cui attualmente si dispone.
   Va quindi disposta con la presente ordinanza la condanna dei convenuti, che non sono personalmente comparsi al procedimento di mediazione senza giustificato motivo, al versamento in favore dell’Erario di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il presente giudizio.
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Con riferimento alle richieste istruttorie, infine, deve osservarsi che si ritengono ammissibili e rilevanti, tenuto anche conto della documentazione già presente in atti (che rende irrilevanti i capitoli che non vengono ammessi), gli interrogatori formali nonché i capitoli di prova testimoniale dal n. 5 al n. 12 dedotti ed articolati da parte attrice nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c..
P.Q.M.
condanna i convenuti, che non sono comparsi personalmente al procedimento di mediazione senza addurre giustificato motivo, al versamento in favore dell’Erario della somma di € 1.686,00;
ammette i mezzi di prova indicati in parte motiva e fissa per il loro espletamento l’udienza del ..., ore ....
Si comunichi.
Palermo, 23.12.2016
Il Giudice
Michele Ruvolo
     
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