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Violazione del termine assegnato dal Giudice per l’esperimento della procedura di mediazione  e procedibilità della domanda
 

TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
SEZIONE I CIVILE
 
Il Tribunale, nella persona del giudice unico dott.ssa Elena Manuela Aurora Luppino, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
 
nella causa civile di I Grado iscritta al N. generale per gli affari contenziosi dell’anno 2016 ritenuta in decisione su conclusioni precisate all’udienza del 19.04.2017 e decisa ex art. 429 c.p.c., vertente
 
TRA
OMISSIS , in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in OMISSIS- REGGIO CALABRIA presso lo studio dell’avv. OMISSIS, che lo rappresenta e difende per procura in calce all’atto di citazione
ATTORE
e
OMISSIS , in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in OMISSIS - REGGIO CALABRIA , presso lo studio dell’avv. OMISSIS che la rappresenta e difende per procura a margine della comparsa di costituzione unitamente all’avv. OMISSIS ;
CONVENUTA
OGGETTO: Sfratto per finita locazione.
CONCLUSIONI: come da verbale in atti.
CONSIDERATO IN FATTO
Con atto di citazione notificato in data 13.01.2015 la Omissis conveniva in giudizio Omissis per ivi sentire convalidare lo sfratto per finita locazione con riguardo al fabbricato concesso in locazione con contratto del 09.11.2013, registrato l’11.02.2014 ed avente una durata pari a sei anni.
Adduceva che la conduttrice si era resa morosa nel pagamento dei canoni e quindi il contratto doveva considerarsi risolto di diritto.
Chiedeva quindi che il contratto di locazione fosse dichiarato risolto per inadempimento del conduttore e per tale ragione che lo sfratto intimato venisse convalidato.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata all’udienza del 25.02.2015 si costituiva Omissis, contestando la domanda avversaria ed opponendosi alla convalida dello sfratto, adducendo principalmente l’inammissibilità dell’azione per riguardare la stessa un’ipotesi per la quale non è ammissibile il ricorso al procedimento speciale di convalida di sfratto, che afferisce unicamente alle ipotesi di finita locazione per scadenza del contratto e di licenza per finita locazione.
Con ordinanza riservata del 19.04.2016 codesto GI non convalidava lo sfratto e rigettava altresì la richiesta di concessione dell’ordinanza di rilascio, ritenendo che lo speciale procedimento di convalida attivato da parte attrice non potesse essere utilizzato per far valere situazioni diverse dalla naturale scadenza del contratto. Concedeva altresì alle parti termine di 15 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza per presentare l’istanza di mediazione obbligatoria ex art. 5 co. 1bis del d.lgs. 28/2010.
Nella memoria integrativa depositata il 10.11.2016 parte convenuta eccepiva l’improcedibilità della domanda attorea per avere presentato l’istanza di mediazione ben oltre il termine di 15 giorni assegnato dal Giudice.
La causa veniva infine discussa e decisa ex art. 429 c.p.c. all’udienza del 19.04.2017, sulle conclusioni precisate a verbale dalle parti.
RITENUTO IN DIRITTO
L’eccezione preliminare di improcedibilità è fondata ed assorbe ogni altra questione, domanda ed eccezione.
In particolare si rileva che la presente controversia, attenendo alla materia locatizia, ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 5 co. 1bis del d.lgs. 28/2010, normativa che prescrive l’obbligatorietà dell’esperimento del tentativo di mediazione per una serie di controversie tra cui per l’appunto quelle in ambito di contratti di locazione.
Deve precisarsi che ai sensi dell’art. 5 co. 4 lett. b) d.lgs. cit. la mediazione non è condizione di procedibilità dei giudizi di convalida di licenza o sfratto fino al mutamento di rito, a seguito del quale quindi diviene nuovamente obbligatoria.
Ebbene, nel caso di specie il Giudice, rilevando d’ufficio l’obbligatorietà della mediazione, in sede di mutamento del rito ha contestualmente concesso alle parti il termine di 15 giorni per esperire la mediazione, esercitando il potere previsto dall’art. 5 co. 1bis penultimo periodo.
Detto termine decorreva dalla comunicazione dell’ordinanza, avvenuta il 21.04.2016 e quindi scadeva il 06.05.2016.
Parte attrice tuttavia ha presentato l’istanza di mediazione solo in data 02.11.2016, come risulta dal verbale depositato in atti e come ammesso dalla stessa parte interessata.
Constatata quindi la tardività della presentazione dell’istanza di mediazione, occorre ora verificare quale sia l’effetto derivante dalla violazione del termine assegnato dal Giudice per l’esperimento della procedura, vagliando la natura del predetto termine, al fine di comprendere se lo stesso rivesta carattere ordinatorio ovvero perentorio.
L’art. 152 co. 2 c.p.c. stabilisce che i termini di norma sono da intendersi come ordinatori, salvo che la legge li dichiari espressamente perentori; il successivo art. 153 c.p.c. statuisce che i termini perentori non possono essere né abbreviati né prorogati, salva comunque la possibilità della rimessione in termini nel caso in cui il relativo decorso sia dipeso da causa non imputabile alla parte incorsa in decadenza; l’art. 154 c.p.c. stabilisce la prorogabilità dei termini ordinatori prima della loro scadenza.
Dal complesso delle disposizioni riportate si evince quale sia la differenza tra termini perentori e termini ordinatori: i primi non sono né abbreviabili né prorogabili, i secondi invece possono essere prorogati prima della loro scadenza.
Ciò posto, considerato che il d.lgs. 28/2010 non qualifica espressamente il termine assegnato dal Giudice per l’avvio della procedura di mediazione, dovrebbe concludersi che lo stesso sia da considerarsi ordinatorio.
Tuttavia detta conclusione non è del tutto scontata.
Infatti nella giurisprudenza di merito formatasi in tema di mediazione obbligatoria si è diffuso un orientamento teso a ritenere che il carattere della perentorietà del termine, sebbene non previsto dal legislatore expressis verbis, sia comunque insito nella sanzione che l’assegnazione di detto termine intende evitare, ossia l’improcedibilità della domanda (cfr. Tribunale Bari, sez. I, 04/10/2016, n. 4974: “Nè d'altra parte giova obiettare che, in difetto di legale espressa previsione, il termine in questione non avrebbe natura perentoria, ma solo ordinatoria (art. 152 c.p.c). Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, che si condivide, il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (in questo senso Cass. n. 14624/00, 4530/04). A tale conclusione si deve pervenire in caso di mancato rispetto del termine concesso dal giudice ex art. 5, Il co., ultimo periodo D.Lgs. citato per il deposito della domanda di mediazione. Infatti, "La implicita natura perentoria di tale termine si evince dalla stessa gravità della sanzione prevista, l'improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico. Apparirebbe assai strano che il legislatore, da un lato, abbia previsto la sanzione dell'improcedibilità per mancato esperimento della mediazione, prevedendo altresì che la stessa debba essere attivata entro il termine di 15 gg, dall'altro, abbia voluto negare ogni rilevanza al mancato rispetto del suddetto termine" (in tal senso anche Trib. Firenze, 8.6.2015 e Tribunale Ivrea, 11/03/2016, n. 215).
Detto orientamento poi evidenzia altresì: “Inoltre, pur a voler ritenere che il termine assegnato ai sensi dell'art. 5 D.Lgs. 28/2010 per proporre domanda di mediazione sia ordinatorio, in difetto di diversa ed espressa indicazione di perentorietà nel disposto legislativo, può essere chiesta al Giudice la proroga, purchè prima della sua scadenza, così che il decorso del termine comporta uguali conseguenze preclusive del decorso del termine perentorio, e comunque osta alla assegnazione di un nuovo termine (ex multis Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 2005, n. 1064. in Giusi, civ. Mass., 2005, 1; Cass., 2 gennaio 1999 n. 808)”.
Il riportato orientamento è stato seguito anche con riguardo al termine assegnato nell’ambito della negoziazione assistita (cfr. Tribunale Mantova, 16/03/2016, n. 350).
Di contro si è affermato altro contrapposto orientamento, che qualifica il termine in questione come ordinatorio in ragione della circostanza per cui il legislatore non lo ha qualificato espressamente come perentorio in ossequio all’art. 154 c.p.c. (cfr. Trib. Monza, sent. n. 156/2016 del 21.01.2016, Tribunale Mantova, sez. II, 10/03/2016 n. 328, Tribunale Roma 14/07/2016 e Tribunale Busto Arsizio, 15/06/2012).
Ebbene questo Giudice aderisce all’orientamento che opta per l’ordinatorietà del termine indicato dal Giudice per l’avvio della mediazione obbligatoria o per la procedura della negoziazione assistita, considerato che gli artt. 5 co. 1bis del d.lgs. 28/2010 e 3 del d.l. 132/2014 non lo qualificano espressamente come perentorio né vi è motivo di ritenere che la perentorietà sia insita nella conseguenza sanzionatoria derivante dall’omessa comunicazione dell’invito/dalla presentazione dell’istanza di mediazione (l’improcedibilità), posto che la sanzione è correlata non tanto al rispetto di un determinato termine bensì a garantire l’effettività del ricorso alla procedura tesa alla conciliazione della lite.
Pur tuttavia, il carattere ordinatorio del termine assegnato dal Giudice comporta comunque l’effetto per cui la relativa scadenza, in mancanza di un’espressa e motivata istanza di proroga antecedente al suo decorrere, generi l’improcedibilità della domanda, producendo così in sostanza gli stessi effetti preclusivi dei termini perentori (cfr. Cass. Sez. 6 -1, Sentenza n. 4448 del 21/02/2013, Cass. Sez. L, Sentenza n. 23227 del 17/11/2010 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4877 del 07/03/2005).
Pertanto, considerato che parte attrice ha violato il termine ordinatorio di 15 giorni assegnato dal Giudice per la presentazione dell’istanza di mediazione e che non ha mai presentato alcuna istanza di proroga prima dell’inutile decorrere del suddetto termine, la domanda è ormai da considerarsi irrimediabilmente improcedibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate ex Dm 55/2014.
Pertanto parte attrice deve essere condannata a rifondere a parte convenuta le spese di lite, da liquidarsi, considerata l’attività difensiva svolta ed il valore della controversia, in complessivi € 2.000,00, oltre Iva, Cpa e rimborso forfettario.
Considerato infine che la causa viene definita con una pronuncia in rito non ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 96 co. 3 c.p.c. invocato da parte convenuta.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, così provvede:
1. Dichiara l’improcedibilità della domanda;
2. Omissis, in persona del legale rappresentante p.t., deve rifondere in favore di Omissis, in persona del legale rappresentante p.t., le spese di lite, liquidate in complessivi € 2.000,00, per onorari, oltre Iva, cpa e rimborso forfettario.
Sentenza resa ex Articolo 429 cpc, pubblicata mediante lettura alle ore 16,20 (parti non presenti) ed allegazione al verbale, per l’immediato deposito in cancelleria.
Così deciso in Reggio Calabria il 19/04/2017.
il Giudice
Dott.ssa Elena Manuela Aurora Luppino
     
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