
Lorenzo Cremonesi, inviato speciale del Corriere della
Sera sui teatri di guerra, analista di lungo corso ed
esperto dei conflitti mediorientali, anche in questa
occasione ci fornisce una chiave di lettura in tempo
reale di quello che accade nelle crisi geopolitiche,
concentrandosi sull eprospettive e i limiti dell’accordo
tra Israele e Hamas proposto da Donald Trump e
presentato come “storico”.
Nel suo libro Guerra Infinita, del quale parleremo alla
Settimana della Mediazione 2025 "Voci dai conflitti",
evidenzia la distanza tra la retorica politica e la
realtà vissuta dalle popolazioni sottolineando la
necessità di processi multilaterali e inclusivi.
Breve biografia
Lorenzo Cremonesi (Milano, 1957), giornalista e
scrittore.
Laurea in Filosofia che gli consente di raccontare i
conflitti con l'occhio attento del cronista e con
l'introspezione e la profondità dell'umanista.
Segue dagli anni settanta le vicende mediorientali. Dal
1984 collaboratore e corrispondente da Gerusalemme del
Corriere della Sera. Nel 1991 si occupa dell'Iraq
allargando la sua sfera di competenza alle maggiori
vicende dell'area, dall’Afghanistan, all'India, al
Pakistan. Ha scritto diversi volumi sulla questione
palestinese fra i quali Le origini del sionismo e la
nascita del kibbutz (1881-1920) e Guerra
infinita - Quarant’anni di conflitti rimossi dal Medio
Oriente all’Ucraina, da cui abbiamo tratto la frase
di copertina.
«Sono vissuto a lungo nei conflitti, tra i soldati
al fronte, più ancora con le popolazioni colpite, negli
ospedali, assieme ai profughi, cercando di comprendere
le loro ragioni e spiegarle. Intanto in Europa si
magnificava il nostro come uno dei periodi più pacifici
nella storia. Ma, come vediamo oggi in Ucraina, la
guerra è sempre parte di noi e l’avevamo solo rimossa». |
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| L'INTERVISTA |
| a cura di Francesca Chirico |
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Altre interviste a Lorenzo
Cremonesi:
L'accordo per il cessate il fuoco |
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In questa breve intervista ci ha parlato con lucudità di un
accordo che, nella totale assenza di alternative, sembra
l'unica via percorribile.
Lorenzo Cremonesi,
inviato del Corriere della Sera, analista di un lungo corso
su tutti i conflitti, soprattutto quelli mediorientali. Ha
seguito da vicino tutte le dinamiche sul terreno.
Pochi hanno la fortuna di poter
avere una chiave di lettura in tempo reale di quello che
accade nelle crisi geopolitiche da una voce autorevole come
la tua, quindi noi ci godiamo questo privilegio. Grazie,
Parleremo tra qualche giorno del tuo libro Guerra Infinita
all’Università Mediterranea per la Settimana della
Mediazione; nel tuo libro evidenzi bene la distanza tra la
retorica politica e la realtà vissuta dalle popolazioni.
Oggi volevamo chiederti soltanto un flash rispetto a quanto
è accaduto in queste ultime 48 ore. Volevano commentare con
te l'accordo tra Israele e Hamas proposto da Trump e
presentato come storico e che, forse, con tutte le vicende
anche legate alla missione della Flottillia è stato poco
commentato. Alla luce delle tue analisi, quanto è credibile
e sostenibile questo accordo, ammesso sempre che Hamas lo
accetti? Accordo che è nato in un contesto così ferito senza
processi che riconoscono tutti gli attori che hanno una
capacità di veto e di impatto sul terreno.
Mi colpiva una cosa sulla quale
vorrei ragionare con te: da mediatore mi sarei aspettata che
un negoziato come questo fosse strutturato su un tavolo
multilivello, quindi, mediatori primari come l'Egitto o il
Qatar; garanti tecnici come l'ONU; un gruppo di supporto
regionale che potesse pensare a maggiori incentivi o
comunque potesse garantire delle clausole di sicurezza.
Insomma, dal punto di vista
negoziale sembra tutto sbagliato, allora ti chiedo tu come
avresti condotto questo negoziato e cosa pensi di questo
accordo? Soprattutto, quanto è credibile e quanto è
sostenibile?
In tempi normali nessuno avrebbe accettato questo accordo. È
una trumpata, l'ennesima trumpata. Come quando Trump
annuncia ai quattro venti i suoi famosi sette accordi di
pace, che poi di fatto sono uno o due o come quando Trump
aveva annunciato che avrebbe risolto la questione
russo-ucraina in 24 ore e, invece, siamo ancora lì con la
guerra che è infuria più che mai; o come quando aveva
annunciato il famoso progetto - per tornare al nostro tema -
su Gaza. Appena arrivato alla Casa Bianca, il 20 di gennaio
di quest'anno, aveva annunciato il suo il suo famoso piano
di Gaza Beach, Gaza riviera, addirittura il piano era quello
di espellere tutti i palestinesi. Quindi in tempi normali
l'avremmo preso molto male. Sarebbe stato probabilmente
condannato da tutti. Ma non sono tempi normali, da
praticamente da 2 anni.
Mancano 5 giorni al secondo anniversario tragico del 7 di
ottobre e poi subito dopo la terribile repressione
israeliana sui palestinesi sia a Gaza che in Cisgiordania.
Ma soprattutto, secondo le cifre che vengono accettate da
tutti a questo punto e diffuse dal Ministero della Sanità
controllato da Hamas, a Gaza siamo arrivati a 66.000 morti.
Soltanto nelle ultime 48 ore abbiamo superato i 100 morti.
Terrificante! È in corso in questo momento il grosso assedio
di Gaza City per spingere altri 700.000 palestinesi verso
sud.
Insomma, la situazione è drammatica: non vogliamo chiamarlo
genocidio? Chiamiamolo massacro, chiamiamolo sterminio,
chiamiamolo pulizia etnica, non so come altro definirlo, ma
senz'altro è una tragedia epocale; come non se n'erano mai
viste. Neanche ai tempi della Nakba del 1948, al momento
della nascita dello stato di Israele, erano morti così tanti
palestinesi e c'era stato uno scempio tale di popolazione,
quello che chiamano un casicididio, la distruzione metodica
di interi nuclei urbani per rendere invisibile la Striscia
di Gaza. Davanti a questo scenario così terrificante, anche
il piano di Trump va bene.
L'Europa, come sappiamo, non si è mossa o comunque non si è
mossa collettivamente. Si muove in ordine sparso, non c'è
una controproposta europea, non ce n'è una russa, non ce n'è
una cinese e quindi il piano Trump è l'unica cosa che c'è
sul tavolo.
Probabilmente come analizzano sia gli americani e anche i
giornali del Qatar, è un piano spinto anche da questa rabbia
montante nei paesi delle monarchie del Golfo, specialmente
nel Qatar dopo il ride contro Hamas, nella capitale del
Qatar. La rabbia sia dei degli arabi moderati, degli arabi
sauditi, degli arabi che erano pronti a un compromesso.
C'è una cosa importante di questo piano che lo salva: Trump
cancella completamente la sua idea iniziale del
trasferimento forzato, dell'espulsione, dei palestinesi da
Gaza, accenna a un eventuale Stato palestinese, non dà un
ruolo all'Autorità Palestinese che sta a Ramallah però dice
che deve riformarsi e poi potrà averlo - certamente insiste
sullo scioglimento di Hamas - ma contempla che il mondo
arabo almeno gestisca Gaza.
Gaza non può essere soltanto in mano ai coloni, non può
essere soltanto in mano agli estremisti messianici in
Israele; deve tenere conto della presenza della popolazione
locale. Da questo punto di vista ha una sua validità.
È l'unica soluzione, direi, perché tutto il resto è confuso,
fatto male, è dozzinale. Però, questo punto è un punto
centrale, molto più confuso è quello della presenza di una
forza multinazionale con una forte presenza araba, giordana,
egiziana.
Vediamo, ma comunque intanto chiede il blocco dei
combattimenti previa liberazione degli ostaggi vivi o morti
ancora nelle mani di Hamas e dei suoi alleati.
È l'unica cosa che c'è, e questo è veramente a discapito
dell'Europa. Perché l'Europa avrebbe dovuto proporre un
piano alternativo. L'Europa molto più critica nel condannare
Israele. Non dimentichiamo che il Tribunale Internazionale
dell'Aia, tutto sommato una emanazione europea, aveva
chiesto addirittura l’incriminazione di Netanyahu. Voglio
dire, l'Europa è molto critica nei confronti di Israele,
però non ha presentato un piano compiuto, non c'è un piano
coordinato. Non c'è nulla, gli americani invece sì. E,
quindi, essendo questa l'unica cosa che c'è sul terreno e
tra l'altro, se voi guardate anche sulla stampa
internazionale, c'è grossa pressione dentro Gaza e nei
territori palestinesi perché Hamas accetti. Hamas accetterà?
Non accetterà? Non sappiamo, ma certamente, e questo è
importante, una manifestazione degli aspetti positivi o
comunque dei pochi aspetti positivi che questo piano ha, è
la rabbia espressa dall'estrema destra israeliana, dagli
stessi del Governo che in tutti questi mesi hanno tenuto in
piedi Netanyahu. Se questa destra messianica criminale,
violenta, vede nel piano una minaccia, allora vuol dire che
c'è qualcosa di concreto ed è abbastanza positivo. Direi
questi sono i due punti principali. Lo accetteranno? Non lo
sappiamo, speriamo. Le ultime voci erano che non accettano,
però prenderanno tempo, ne vogliono discutere.
Era davvero un flash.
Peraltro l'ultimo passaggio sulla sull'opposizione interna a
Netanyahu, quella della destra messianica rispetto
all'accordo, è interessante perché forse, speriamo a Hamas
accetti, poi la tenuta dell'accordo si gioca tutta quanta
lì. Perché è difficile che Netanyahu riesca a tenere insieme
tutti.
Non abbiamo nessuna certezza che l'accordo tenga, non
abbiamo nessuna certezza che Netanyahu possa mantenerlo, se
anche Hamas dovesse accettarlo. Il Governo in Israele
potrebbe dividersi, potrebbe cadere il governo Netanyahu.
Vediamo. Però, ripeto, è l'unica iniziativa che c'è sul
tavolo.
A me ricorda molto la dinamica in Ucraina. Agli ucraini non
piace Trump, sappiamo come Zelensky è stato trattato da
Trump e Vance a fine febbraio, quindi pochi mesi fa, però
gli ucraini hanno deciso che l'America era troppo importante
e bisognava accettare ob torto collo, anche recalcitranti,
quelle che erano le iniziative degli americani, affinché gli
americani restassero con loro. E così mi sa che dovremmo
fare anche noi: rifiutare il piano Trump direi che è poco
salutare per i palestinesi, tenuto conto del fatto che
l'Europa non sarà mai pronta a sostituirsi militarmente a
quello che fa l'America. |
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