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Ismed, Spazio Open e il Parco Ecolandia hanno promosso la Mostra di Fadi A. Thabet. La mostra raccoglie 30 immagini potenti scattate dal fotografo palestinese di Gaza, testimone diretto del dolore, della resistenza e dell’umanità sotto assedio.

Breve biografia
Fadi A. Thabet è un fotografo palestinese nato a Gaza. Cresciuto in un contesto segnato da conflitto, occupazione e assedio, ha scelto la fotografia come forma di resistenza e testimonianza. Il suo sguardo si posa sui dettagli della vita quotidiana – i volti, le strade, gli oggetti, i silenzi restituendo al mondo una Gaza viva, dignitosa, ferita ma non sconfitta.
Attraverso le sue fotografie racconta Gaza dall’interno, restituendone una visione complessa e autentica: non solo vittima del conflitto, ma anche luogo di resilienza, bellezza e affetti. I suoi lavori si concentrano sull’infanzia, la memoria urbana e i gesti quotidiani di chi continua a vivere, amare e costruire, nonostante tutto.
Fadi è conosciuto per la sua capacità di narrare il dramma palestinese attraverso un’estetica sensibile e rispettosa, capace di unire l’urgenza del fotogiornalismo con l’intensità poetica della fotografia d’autore. I suoi lavori raccontano storie di infanzia, di resilienza, di comunità, documentando la resistenza civile e la forza dell’identità palestinese.

Mostre principalei
2025 - “Exhibition of the Award-Winning Photography”, North Herts PSC, Regno Unito
2025 – Evento fotografico e raccolta fondi, Community Services Unlimited, Los Angeles (USA)
2023 – “Life Under Siege”, mostra fotografica online con collettivi internazionali
2022 – “Gaza Through My Lens”, esposizione collettiva, Ramallah (Palestina)
2021 – “Children of Gaza”, mostra itinerante in scuole e centri culturali di Gaza
2020 – “Fragments of Light”, installazione multimediale
(foto + video), Gaza City
2019 “ﺿﻮء ﻣﻦ ﻏﺰة” (Luce da Gaza): Mostra fotografica, Biblioteca Nazionale di Baakline, Libanon
2017 – “1000 foto della città assediata”, mostra all’aperto, Porto di Gaza
2017 – “From Gaza with Love”, Musée Magazine, mostra online, New York (USA)

Premi riconoscimenti
• Premio Premio dell’Organizzazione per la Fotografia (2006)
• Premio Hamdan per la Fotografia Umanitaria (2017)
• Premio Abdulrazzaq Badran per la documentazione visiva (2016)

Collaborazioni e pubblicazioni
• Fotografie pubblicate da: Al Jazeera, Middle East Monitor, Quds News, Visualizing Palestine
• Collaborazioni con: UNICEF, MAP – Medical Aid for Palestinians, Doctors Without Borders
• Autore di video documentari e brevi reportage per ONG, istituzioni e campagne internazionali

Temi e approccio
Infanzia e conflitto; vita quotidiana sotto assedio; cultura palestinese e micro-resistenze; narrazione visiva come atto politico e poetico; paesaggio urbano, memoria e identità

Interventi a apparizioni
• UN Web TV – “Voices from Gaza” (2023)
• CGTN America – “Gazans captured in a different light” (2017)
• Social TV – Intervista artistica (2017).
L'INTERVISTA
a cura di Francesca Chirico
>Leggi tutte le interviste
 
LA MOSTRA FOTOGRAFICA DI FADI A. THABET

In questa pagina trovate il racconto della Mostra
Gaza. Là dove resiste la vita e l'intervista di Alessandra Callea a Fadi A. Thabet

I nostri studi sul conflitto Israelo-Palestinese
Ormai da anni Ismed con il Laboratorio ADRMedLab - l’attenzione scientifica ed accademica sui temi del conflitto, della negoziazione e di tutte le forme di ADR – si sta occupando del conflitto israelo-palestinese dando voce a chi in Israele e Palestina non arrendendosi alla logica della contrapposizione costruisce percorsi di Pace.
Oltre a studiare il conflitto grazie, soprattutto, agli approfondimenti di Marina Mancini Prof.ssa di Diritto Dell'Unione Europea e Diritto internazionale, coordinatrice del Progetto di ricerca UNIJUR finanziato con fondi del Programma dell’Unione Europea NextGenerationEU (PRIN 2022) presso l'Università Mediterranea di Reggio Calabria, abbiamo intervistato fra gli altri,
Gabriele Nissim, saggista e scrittore, fondatore e presidente della fondazione Gariwo, che ha realizzato a Milano il "Giardino dei Giusti", ispirandosi al Giardino dei Giusti di Gerusalemme dedicato ai Giusti tra le nazioni ovvero a gentili (non ebrei) che durante l'Olocausto, rischiando le loro vite, prestarono aiuto e soccorso agli ebrei perseguitati dai nazisti; Samah Salaime, direttrice dell'Ufficio Comunicazione del Villaggio Wahat al-Salam Neve Shalom, il villaggio in Israele in cui famiglie ebree e palestinesi vivono insieme costruendo strumenti di educazione per una gestione pacifica del conflitto; Giulia Ceccutti, membro del Consiglio esecutivo dell'Associazione Italiana Amici di Nevè Shalom Wahat al Salam e Lorenzo Cremonesi, giornalista, scrittore e inviato speciale del Corriere della Sera, profondo conoscitore del conflitto israelo-palestinese e del Medio Oriente.

La mostra
La mostra Gaza - Là dove resiste la vita è la raccolta delle fotografie delicate, potenti, necessarie che Fadi A. Thabet scatta quotidianamente a Gaza per testimoniare il dramma di due milioni di gazawi intrappolati in una strisca di terra piccola la metà di Milano.
Le bombe hanno cancellato tutto: città, quartieri, ospedali, università, chiese cattoliche e moschee, i luoghi di incontro e quelli della cultura, le case degli abitanti, i campi profughi e hanno oscurato le vite di un popolo tenace.
Fadi A. Thabet non fotografa la guerra: fotografa chi ci vive dentro. Il suo sguardo non cerca lo spettacolo della distruzione, ma la verità nascosta nei gesti quotidiani, nei silenzi, nei dettagli che resistono. Da oltre un anno e mezzo documenta Gaza con una macchina fotografica che nel buio dell’odio diventa lanterna: illumina volti, mani, sguardi che il mondo spesso non vede. Ogni scatto è una scelta etica.
Non c’è pietismo, ma rispetto. Non c’è distanza, ma partecipazione. Thabet cammina tra le macerie con la consapevolezza di appartenere a ciò che racconta. Le sue immagini non chiedono compassione, ma attenzione. Non mostrano solo ciò che è stato distrutto, ma ciò che si rifiuta di scomparire: la dignità, la cura, la fame di vita.
Varcare la soglia della mostra di Fadi A. Thabet significa immergersi in un viaggio emotivo nel cuore di Gaza, tra le rovine e i frammenti di una quotidianità ostinata. Il percorso espositivo si snoda come una narrazione costruita per coinvolgere il visitatore e per restituire la complessità di un luogo dove la speranza si mescola al dolore, la resilienza si fa gesto quotidiano, l’anelito di pace supera ogni forma di conflitto.

Il percorso
Gaza fra le macerie, la fame e la quotidianità che resiste
Ingresso: il silenzio delle macerie
“Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro” Giuseppe Ungaretti
Il visitatore viene accolto da immagini di rovine, resti di edifici, polvere sospesa nell’aria: icona del fallimento della diplomazia e dei negoziati. Dove si ferma il dialogo esplode la brutalità delle armi. Il silenzio che domina la prima sala è carico di presenze, un’eco delle vite sospese e delle storie che si sono interrotte. Le fotografie sottolineano la sensazione di perdita, ma allo stesso tempo invitano a guardare oltre la distruzione, a cercare i dettagli che sopravvivono in chi si muove fra tanta distruzione.

La fame e la sopravvivenza
“È un amore che puoi conoscere solo se hai provato la fame atroce che di notte ti rode il corpo” Susan Abulhawa
Proseguendo, la mostra si concentra sul tema della fame con scatti potenti che documentano la ricerca spasmodica di cibo, l’attesa davanti ai forni, le mani che si tendono verso qualche chicco di riso, per dare voce a chi vive ogni giorno la privazione e la dignità della resistenza. Secondo l'Onu, la Striscia è il luogo più affamato del globo, con il 100% della popolazione a rischio carestia, non conseguenza di cause naturali, ma del blocco illegale degli aiuti umanitari. La fame usata come un’arma di guerra e una moneta di contrattazione.

La quotidianità che resiste
“Un uomo può uccidere un fiore, due fiori, tre... Ma non può contenere la primavera.” Mahatma Gandhi
Superata la sezione dedicata alla fame, il percorso si apre alla luce di una quotidianità tenace. Le fotografie catturano momenti di normalità sorprendente. Sono scene di una vitalità che non si lascia soffocare dalle bombe, di una routine che diventa atto di coraggio. Vita che continua a scorrere e fiorire con l’unico scopo di superare le divisioni e creare le condizioni perchè si realizzi la pace che non è solo assenza di guerra, ma presenza di giustizia. I volti sono quelli di anziani e bambini, memoria e futuro. Ricordo dei conflitti che si sono susseguiti nella Striscia, speranza di un futuro che sappia ricucire le ferite e pacificare i cuori.

Uscita: la memoria e l’impegno
“Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi.” Sant'Agostino
Il percorso si conclude con i volti di una bambina e di una anziana che si coprono gli occhi con le mani. È l’invito a guardare ciò che accade a Gaza e diventarne voce. Attraverso di noi Gaza parla. Attraverso fotografie raccolte sul campo, la mostra di Fadi A. Thabe si trasforma così in una potente esperienza di incontro e di resistenza, dove la vita, pur ferita, trova sempre un modo per affermarsi.

L'intervista
Alessandra Callea
ha intervistato Fadi A. Thabet in diretta dal nord di Gaza  all'inaugurazione della mostra

Le informazioni che riceviamo quotidianamente dai media ci consegnano una immagine tragica della difficile situazione che il popolo palestinese sta vivendo in queste ore. Tu, con il tuo lavoro tocchi con mano questi orrori, le tue immagini catturano frammenti della vita quotidiana. Puoi raccontarci quali sono le principali sfide quotidiane che la popolazione deve affrontare in questi giorni difficili?
Spero scuserete i problemi di collegamento internet, sto cercando di fare il possibile. Internet è molto difficile da usare e la connessione è difficoltosa, a pochi metri di distanza sono in corso bombardamenti molto pesanti, qui nella regione settentrionale. Gli aerei stanno sganciando bombe colpendo i passanti. La situazione è questa adesso ed è difficile per noi nella regione al nord di Gaza.
Da quando ho iniziato a fotografare il mio obiettivo è di umanizzare l'immagine. Quello che per me è molto importante nel trasmettere un'immagine vera è trasmettere la vita quotidiana.
Quella della gente di Gaza. Cerco sempre di trasmettere le immagini dei bambini, delle donne, degli anziani, che sono i più colpiti e i più fragili in questa guerra che ha colpito tutti gli aspetti della vita quotidiana.
È certamente di grande importanza l'immagine giornalistica o l'immagine di cronaca, ma è sempre più giusto, forse, concentrarsi sui sentimenti delle persone nei momenti difficili, nei momenti in cui ci si confronta con la minaccia costante della morte. Sto cercando di trasmettere il messaggio che queste persone sono civili, persone comuni, che non si intromettono in questioni politiche che, speriamo si risolvano il prima possibile.
E che questo massacro finisca, e che questo genocidio perpetrato contro un popolo indifeso finisca.
È sotto i vostri occhi la situazione: io ho perso circa 40 chili perché mangiamo solo un pasto al giorno, a volte solo un tozzo di pane. Intendo solo una pagnotta per tutti i miei figli.
I volti della maggior parte delle persone hanno iniziato a mostrare i segni di fame. Stiamo perdendo molto, tutto, ma la speranza di noi civili che stiamo subendo queste conseguenze è che si fermi la guerra.
Naturalmente, come abbiamo detto, la prima cosa che vogliamo è che questa guerra finisca. Ha divorato gli ultimi degli ultimi; ha colpito tutte le classi della società.
Ha colpito tutti gli aspetti della società. I bambini non vanno a scuola da circa due anni, le università sono chiuse, gli ospedali sono chiusi, tutti gli aspetti della vita sono ormai bloccati.
Se sei ferito dalle schegge, dai proiettili di un'esplosione e devi andare in ospedale, non potranno fare nulla per te.
Sfortunatamente, in ciò che resta degli ospedali, la gente è abbandonata, sanguina nei corridoi.
Il rumore che sentite di sottofondo è quello dei bombardamenti in atto qui nella zona settentrionale di Gaza. Noi abbiamo deciso di non spostarci più, perché l'esperienza dello sfollamento è stata un'esperienza molto amara, estremamente difficile, un'esperienza scioccante e dura in cui abbiamo perso molto.

In questi giorni si sta parlando nuovamente di un cessate il fioco. Quali sono i tuoi desideri o speranze per il futuro di Gaza?
Mi chiedi cosa mi aspetto oggi per Gaza?
Sfortunatamente Gaza è assolutamente inadatta alla vita.
Tutte le strutture civili sono state distrutte, tutte le case sono state distrutte, interi campi e intere città sono stati cancellati dalla mappa. Come ho detto, non c'è orizzonte.
Speriamo solo che questo spargimento di sangue cessi, che questi massacri cessino e che questa morte che ci perseguita ovunque, cessi.
Ora sono seduto qui e non sono al sicuro. Non è escluso che un proiettile o le schegge di un'esplosione ci cadano addosso.
Ho sentito l'esplosione dietro di me. Questa è la situazione proprio in questo momento. Se cammini per le strade vedi i campi, vedi le case e quasi tutti i punti di riferimento di Gaza che sono stati cancellati.
Io sono vicino al campo di Jabalia, per esempio, e se esco adesso non vedrò più le case o le strade. Sono rimaste solo macerie.
Quello che questa gente ha ereditato è una enorme ingiustizia.
Nessun paese al mondo è stato in grado di resistere o rimanere in piedi di fronte a questa tragedia per due anni. Se fosse stata una montagna, questa montagna sarebbe crollata.
Non è importante parlarne genericamente, ma parlare dei dettagli; i dettagli che sono terrificanti e scioccanti. Le scene mentre cammini per strada sono scene estremamente scioccanti.
Tu mi chiedi quando è iniziata questa catastrofe. Negli ultimi due anni abbiamo assistito a un drammatico peggioramento della situazione.
Neanche se stessimo giocando ad un gioco online avremmo potuto immaginare la distruzione che oggi colpisce istituzioni fondamentali e luoghi civili come scuole, ospedali e spazi ricreativi. Questi servizi essenziali ormai non esistono più e ci troviamo relegati ai margini. Siamo gli ultimi fra gli ultimi.
Nonostante le restrizioni imposte sui social media e la chiusura delle nostre pagine da parte di Meta, continuiamo a impegnarci per far sentire la nostra voce. Il mondo osserva, oppure resta indifferente davanti a quanto accade a Gaza, dove vengono commessi crimini contro la popolazione civile e l'intera società. Eppure, noi continuiamo a resistere.

Qui in sala, come hai visto, siamo più di cento persone. Fadi, vuoi lanciare un messaggio attraberso a tua fotografia?
Per quanto riguarda la mia fotografia, io fotografo spesso alcune categorie specifiche, lavoro su bambini, donne e anziani.
Le immagini trasmettono sempre la verità e raccontano la storia senza falsificazioni, catturando il momento in cui vengono documentate.
Ho sempre voluto condividere le mie immagini attraverso i social media, le mie pagine o le agenzie di stampa.
Cerco di far luce sulla poesia che esiste anche in mezzo alle ingiustizie e al genocidio che i civili subiscono.
Questo sto cercando di dire al mondo che ci ha osservato per quasi due anni mentre Gaza muore, viene massacrata e uccisa. Il sangue dei bambini scorre per le strade, gli anziani sono abbandonati e le donne sono stanche.
I civili vedono le loro case, tende e abitazioni distrutte.
Stiamo cercando di trasmettere un'immagine al mondo: guardate cosa ci è successo, parlate, alzate la voce. Abbiamo ragione, il popolo italiano è vivo e solidale da molti anni con i palestinesi, ma devono alzare la voce, altrimenti moriremo a causa dei bombardamenti o di fame. I nostri corpi sono ormai sfiniti, tra una settimana non ci sarà più carne sui nostri corpi perché non c'è cibo da mangiare. Chiediamo di più ai popoli liberi. Questo non significa che non apprezziamo il sostegno del popolo italiano, che è stato solidale anche prima della guerra. Ma voglio porre una domanda: se questa follia fosse praticata su qualsiasi popolo europeo o su un popolo diverso dal popolo palestinese, come reagirebbe il mondo? Rimarebbe spettatore? E se questa paura, questo terrore e questa fame accadessero ai vostri figli?
Qual è il vostro punto di vista?
 
     
     
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