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La pronuncia di sentenza di rito che, a
seguito dell’omesso esperimento della mediazione
delegata, dichiari l’improcedibilità della domanda,
non produce giudicato sostanziale |
Sezione Giurisprudenza |
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completa |
a
cura di Giovanna Crocè
Il Tribunale di Firenze ha stabilito che ,
salvo il caso in cui nelle more non sia stato emesso
provvedimento idoneo al giudicato e non siano maturate
decadenze o prescrizioni sostanziali , la parte interessata
può introdurre nuova domanda.
Secondo il giudice di merito , infatti, il mancato
esperimento della mediazione delegata vizia
irrimediabilmente il processo, impedendo l'emanazione di
sentenza di merito.
Non vi è dubbio infatti che l'intento perseguito, ossia il
deflazionamento del contenzioso con positivi effetti sotto
il profilo della ragionevole durata del processo,
giustifichi sotto il profilo razionale e costituzionale, da
un lato il potenziamento degli istituti di definizione delle
controversie alternativi al processo e, dall'altro, la
sanzione prevista in caso di inottemperanza all'ordine
giudiziale.
Il Tribunale conclude poi rilevando che l'emissione di
sentenza di rito non produce giudicato sostanziale (art.
2909 c.c.) cosicché, salvo che nelle more non sia stato
emesso provvedimento idoneo al giudicato (così nel processo
di appello rispetto alla sentenza di primo grado, ovvero
nell'opposizione a D.I.), e non siano maturate decadenze o
prescrizioni sostanziali, la parte interessata potrà
introdurre nuovo giudizio.
“La presenza della parte istante al primo incontro
di mediazione è obbligatoria ma ciò non esclude che tale
attività sia delegabile, essendo la possibilità di delegare
ad un terzo soggetto il potere sostanziale di partecipare al
procedimento del tutto conforme ai principi fondamentali del
nostro ordinamento in tema di mandato (art. 1392 c.c.),
applicabili anche alla transazione e funzionali anche allo
spirito del d.lg. n. 28/2010; tale delega ben può essere
conferita al proprio difensore già munito di mandato
difensivo, essendo solo indispensabile, per lo svolgimento
regolare della mediazione, che al primo incontro innanzi al
mediatore siano presenti le parti personalmente.” |
Tribunale di Firenze 14 marzo 2022
n. 883 |
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TRIBUNALE DI FIRENZE
Sentenza, n. 883
24 marzo 2022
Omissis |
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L'invio delle parti in mediazione
(c.d. mediazione delegata o disposta dal giudice)
costituisce potere discrezionale dell'ufficio che può essere
esercitato “valutata la natura della causa, lo stato
dell'istruzione ed il comportamento delle parti” sempreché
non sia stata tenuta l'udienza di precisazione delle
conclusioni. Ove la mediazione venga disposta, il suo
esperimento “è condizione di procedibilità della domanda
giudiziale” (art. 5, II co. D.Lgs. citato). Ne segue che il
mancato esperimento della mediazione vizia irrimediabilmente
il processo, impedendo l'emanazione di sentenza di merito.
Tale disciplina, finalizzata a favorire la conciliazione
della lite con l'intervento di soggetto terzo imparziale,
non pone problemi di natura costituzionale né appare lesiva
dei precetti di cui alla normativa sovranazionale sul
diritto di azione e di accesso alla giustizia (Carta di
Nizza, CEDU). Non vi è dubbio infatti che l'intento
perseguito – deflazionamento del contenzioso con positivi
effetti sotto il profilo della ragionevole durata del
processo – giustifichi sotto il profilo razionale e
costituzionale, da un lato il potenziamento degli istituti
di definizione delle controversie alternativi al processo,
dall'altro, la sanzione prevista in caso di inottemperanza
all'ordine giudiziale. Sul punto va poi rilevato che
l'emissione di sentenza di rito non produce giudicato
sostanziale (art. 2909 c.c.) cosicché, salvo che nelle more
non sia stato emesso provvedimento idoneo al giudicato (così
nel processo di appello rispetto alla sentenza di primo
grado, ovvero nell'opposizione a D.I.), e non siano maturate
decadenze o prescrizioni sostanziali, la parte interessata
ben potrà introdurre nuovo giudizio. |
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Da disattendere è l'istanza di
remissione in termini avanzata, da qualificarsi
giuridicamente ai sensi dell'art. 153, II co. C.p.c..
L'omesso avvio del procedimento di mediazione non è infatti
dipeso da causa non imputabile all'attore.
Nella fattispecie è pacifico che, nel termine concesso con
l'ordinanza del 3.4.2018, nessuna delle parti ha attivato la
mediazione. Parte attrice è pertanto decaduta dal potere di
attivazione del procedimento di mediazione delegata.
D'altra parte la disciplina di cui al d.lgs. n. 28/2010 e
s.m.i. non prevede, a differenza dei casi di omessa
mediazione nelle materie in cui la stessa è obbligatoria
ante causam (art. 5 co 1 bis), alcun meccanismo di
sanatoria del vizio processuale conseguente al mancato
espletamento della mediazione disposta dal giudice.
La causa va pertanto definita con pronuncia di mero rito,
senza entrare nel merito.
Va inoltre disattesa la richiesta di interruzione del
presente procedimento ai sensi dell'art. 300 c.p.c.,
formulata da parte attrice a seguito della cancellazione
della omissis s.a.s. dal Registro delle Imprese. Costituisce
infatti principio consolidato che la cancellazione, anche
della società di persone, da registro delle imprese, dà
luogo a un fenomeno estintivo che priva la stessa della
capacità di stare in giudizio, costituendo un evento
interruttivo la cui rilevanza processuale è subordinata, ove
la parte sia costituita a mezzo di procuratore, stante la
regola dell'ultrattività del mandato alla lite, alla
dichiarazione in udienza ovvero alla notificazione
dell'evento alle altre parti” (v. Cass. 18250/2020). A norma
dell'art. 300 c.p.c., è ritenuto indispensabile la
comunicazione formale dell'evento da effettuarsi dal
procuratore della parte deceduta o che ha perduto la
capacità di stare in giudizio, e non avendo perciò rilevanza
la conoscenza che dell'evento le altre parti abbiano
aliunde, l'effetto interruttivo del processo è prodotto da
una fattispecie complessa costituita dal verificarsi
dell'evento e dalla dichiarazione in udienza o dalla
notificazione fattane dal procuratore alle altre parti;
dichiarazione o notificazione del procuratore che,
consistendo nell'esteriorizzazione di una determinazione
volitiva, al fine di produrre l'effetto interruttivo dei
processo, si configura come negozio processuale dei
procuratore legittimato dal potere rappresentativo conferito
con la procura ad litem. Finché non vi sia la
comunicazione formale del procuratore della parte divenuta
incapace, proseguendo l'iter processuale nello stato
anteriore, come se la parte fosse ancora in vita o
continuasse ad essere capace, si verifica, appunto, il
fenomeno dell'ultrattività della procura ad litem,
nonostante il verificarsi dell'evento che, per la norma
dell'art. 1722, n. 4, cod. civ. avrebbe dovuto procurarne
l'estinzione”. Alla luce dei suddetti principi si deve
ritenere che, in mancanza di una formale comunicazione di
parte, come nel processo oggi in esame, si verifica appunto
il fenomeno dell'ultrattività della procura ad litem.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da
dispositivo ai sensi del D.M. n. 55/2014, tenuto conto del
valore della causa e dell'attività defensionale espletata. |
P.Q.M. |
Il Tribunale di Firenze, III
sezione civile in composizione monocratica, definitivamente
decidendo, ogni altra domanda respinta, così
provvede:dichiara l'improcedibilità della domanda proposta
da parte attrice; condanna omissis, a rimborsare alla parte
convenuta le spese di lite, che si liquidano in € 2.500,00
per compensi, oltre rimborso 15%, IVA e CPA. |
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