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Anche la domanda
riconvenzionale del convenuto è soggetta al tentativo
obbligatorio di mediazione. La domanda di mediazione deve
avere ad oggetto l’intera controversia |
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TRIBUNALE DI ROMA
Sezione XIII Civile
il Giudice, Dott. Massimo Moriconi |
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nella causa
tra
A, B, C , D, E (avv.to xxxx) attori
E
Avvocati 1,2 e 3 (avv.to yyyy) convenuti
ha emesso e pubblicato, ai sensi dell’art.281 sexies cpc,
alla pubblica udienza del 27.11.2014 dando lettura del
dispositivo e della presente motivazione, facente parte
integrale del verbale di udienza, la seguente |
Sentenza |
SINTESI:
1. Anche la domanda riconvenzionale del
convenuto, in quanto idonea a supportare un’autonoma
controversia, è soggetta a condizione di procedibilità, se
afferente alle materie di cui al comma 1° bis
decr.lgsl.28/10 ovvero nella mediazione demandata dal
giudice
2. La domanda di mediazione, da chiunque
proposta, deve avere ad oggetto l’intera controversia, come
evincibile dalla/e domanda/e di mediazione o dal contenuto
del verbale di mediazione
3. L’improcedibilità nella mediazione
obbligatoria attinge solo a quelle domande, introduttive
dell’attore o del convenuto in riconvenzionale, che
afferiscano alle materie di cui al comma 1° bis
decr.lgsl.28/10
4. L’improcedibilità nella mediazione
demandata attinge a tutte le domande, introduttive
dell’attore o del convenuto in riconvenzionale, laddove non
rispettata la regola sub 2
letti gli atti e le istanze delle parti, osserva:
Gli attori, eredi di GP investita da un’automobile e poi
deceduta il 2.9.2007, conferivano mandato agli avvocati 1, 2
e 3 di assisterli e rappresentarli nella richiesta di
risarcimento dei danni derivati dalla morte del familiare.
Secondo quanto asserito dagli attori l’avvocato 2 convocava
presso il suo studio Del. (cioé la dante causa di A,B e C),
D ed E informandoli che l’assicurazione L. aveva inviato tre
assegni di €.190.000 per ciascuno dei tre eredi e che ognuno
degli assegni era comprensivo degli onorari per i tre
avvocati pari ad €.30.000 ciascuno. Gli ignari clienti, così
espongono gli attori, adempivano non avendo neppure visto la
lettera dell’assicurazione, peraltro senza ricevere fattura
alcuna dei pagamenti.
Successivamente gli stessi avvocati 1 e 3 iniziavano presso
il tribunale di Roma una causa per la differenza ritenuta
ancora dovuta, controversia che veniva transatta, con la
ricezione delle ulteriori somme indicate in citazione. Agli
avvocati 1, 2 e 3 venivano corrisposti gli onorari (€.20.000
ciascuno) direttamente dalla L.
Gli stessi avvocati, così lamentavano gli attori,
richiedevano infine ulteriori €.100.446 come da parcella
inviata loro.
Sostenendo quindi di essere stati oggetto di una truffa gli
attori richiedevano nei confronti degli avvocati convenuti
la restituzione della somma di €.30.000 X 3 oltre al
risarcimento dei danni. Ben diversa era la ricostruzione dei
fatti articolata dai convenuti, secondo i quali:
a. l’avvocato 2 era il vero dominus della
situazione (l’affiancamento a sé degli altri avvocati evoca
strategie connesse ai rapporti con le assicurazioni ed alla
più conveniente trattazione economica delle pratiche e degli
onorari);
b. il solo avvocato 2 consegnava i tre
assegni di €.190.000 concordando liberamente con i clienti
il pagamento di €.30.000 per ciascuna delle tre pratiche; il
tutto nell’ambito di percentuali normali per gli importi
capitali di cui trattasi;
c. l’avvocato 2, anche dopo l’inizio della
causa di cui non era patrono, essendolo gli altri due suoi
colleghi, continuava a coltivare le trattative
stragiudiziali con la compagnia assicuratrice che in effetti
si concludevano positivamente con l’abbandono della causa;
d. la parcella di €.100.446 lungi da
rappresentare una ulteriore richiesta di onorari era solo la
dimostrazione pratica dell’entità del lavoro svolto ed il
valore dell’attività difensiva;
e. con la transazione finale, accettata dai
clienti, ai tre avvocati pervenivano da parte
dell’assicurazione ulteriori €.60.000.
L’avvocato 3 inoltre spiegava domande riconvenzionali con le
quali:
1. chiedeva, nei confronti di tutti gli
attori, la somma di €.14.889 per l’attività difensiva svolta
a favore di Del, D ed E nell’ambito del procedimento penale
aperto a seguito dell’omicidio colposo di G.P. presso la
Procura della Repubblica di Roma, come indagini difensive,
colloqui, partecipazione alla consulenza affidata al medico
legale dal PM etc..
2. chiedeva, nei confronti di Del. e per
essa deceduta, nei confronti di A,B e C quali suoi eredi, il
pagamento dell’onorario per l’attività difensiva consistita
nella cura di un ricorso per separazione personale dei
coniugi;
3. chiedeva nei confronti di B il pagamento
dell’onorario per l’attività difensiva consistita
nell’assistenza stragiudiziale in una questione di
risoluzione di un contratto di locazione;
4. chiedeva nei confronti di B il pagamento
dell’onorario per l’attività difensiva consistita
nell’assistenza stragiudiziale in una questione commerciale
relativa alla risoluzione di un contratto di forniture di
beni mobili;
5. chiedeva nei confronti di A il pagamento
dell’onorario per l’attività difensiva consistita
nell’assistenza stragiudiziale in una questione relativa al
diritto di visita della figlia nei confronti della madre.
In caso di condanna chiedeva inoltre di essere manlevato
dall’avv.2
Con ordinanza del 25.11.2013 il giudice formulava, oltre ad
una proposta ex art.185 bis cpc , l’avvio di un esperimento
di mediazione ai sensi del novellato art.5 co.II° del
decr.lgsl.28/10.
Il senso della proposta era che la percezione della somma di
€.20.000 da parte dell’avv.2 dall’assicurazione a seguito di
transazione di una causa per la quale, a differenza degli
altri due avvocati convenuti non aveva ricevuto procura ed
alla quale non aveva partecipato, non appariva suffragata da
alcun ragionevole titolo, avendo peraltro il predetto
professionista ricevuto già, per la fase stragiudiziale,
€.30.000 da parte dell’assicurazione. E pertanto la
proposta, non accogliendo (come rendeva edotta la frase a
titolo non restitutorio) la prospettazione attorea
consistente della richiesta di restituzione della somma cioè
€.30.000 X 3 (comunque dovuta ai tre difensori in ragione
del beneficio economico ad essi procurato), invitava
l’avvocato 2 a corrispondere agli attori la somma percepita
senza titolo (€.20.000) non condividendosi la non provata
causale addotta per tale percezione dal medesimo.
Quanto alla domanda riconvenzionale, l’unica che si ritiene
ammissibile nei confronti degli attori quella sub n.1 che
precede, sulla base degli atti si ritenuto che la somma di
€.3.700 fosse del tutto satisfattiva della prestazione
stragiudiziale svolta, dalla quale esulano le più rilevanti
attività penalistiche proprie dell’avvocato non essendovi
stata neppure assistenza a dibattimenti o udienze davanti al
GIP e non presentando la fattispecie alcuna caratteristica
di specialità. Preliminare però ad ogni altra indagine e
valutazione di merito, è la verifica relativa alla
procedibilità delle domande (degli attori e riconvenzionale
dell’avv.3).
Nel provvedimento oltre ad un proposta del giudice formulata
ai sensi dell’art.185 bis, in caso di non raggiungimento
dell’accordo veniva concesso un termine fino al 28.2.2014
per depositare presso un organismo di mediazione la relativa
domanda
All’udienza del 22.9.2014 veniva eccepita dai convenuti
l’improcedibilità delle domande degli attori per
inottemperanza dell’invito del giudice di introdurre la
domanda di mediazione. Invero risulta che sia stata avanzata
domanda di mediazione da parte dell’avvocato 3, mentre
nessuna istanza di mediazione è stata depositata dagli
attori.
Il verbale di mediazione del 14.3.2014 è del seguente
tenore:
Organismo di Mediazione Forense di Roma istanza depositata
il 14.3.2014 parte istante avv.3 parti chiamate: A,B,C,D,E,,
nonché avv. 1 e 2.
Oggetto della controversia: pagamento compensi professionali
e domanda di manleva.
Il mediatore dava atto che erano comparsi: l’avvocato yyyy
anche quale procuratore speciale della parte istante munito
di procura speciale che deposita e tutte le parti chiamate,
non avvocati, assistite dall’avv.xxxx.
Il mediatore informava le parti in ordine alle modalità alle
regole ed alle finalità della procedura di mediazione.
L’avv. yyyy produceva altresì due email trasmesse dai
colleghi che assistono gli avv.ti 2 e 3 nelle quali risulta
che il primo tramite l’avvocato B. non è interessato alla
procedura mentre il secondo tramite l’avvocato C. pur avendo
ricevuto la convocazione non è comparso. Il mediatore
procede all’audizione congiunta all’esito della quale anche
in ragione dell’assenza delle altre due parti lo stesso
mediatore dichiara chiusa la procedura di mediazione per
mancato accordo.
I problemi che vanno affrontati e risolti sono i seguenti:
a. se, al fine di renderla procedibile,
vada proposta una domanda di mediazione dal soggetto che ha
avanzato domanda riconvenzionale in una materia rientrante
fra quelle di cui al comma 1 bis dell’art.5 del
decr.lgsl.28/10 e quindi prevista quale condizione di
procedibilità, allorché nessuna altra delle domande avanzate
dalle altre parti rientri in tali materie, e quali
conseguenze scaturiscano dalla della mancata proposizione
della domanda di mediazione;
b. se, ove non richiesta congiuntamente,
nel caso in cui sia la domanda dell’attore che quella
riconvenzionale del convenuto afferiscano alle materie di
cui al comma 1 bis del decr.lgsl.28/10, mediazione
obbligatoria, la richiesta di mediazione vada proposta non
solo dall’attore, ma anche dalla parte che ha proposto la
domanda riconvenzionale. O, per contro, se la introduzione
da parte di una qualsiasi delle parti, attore o convenuto in
riconvenzionale, della procedura di mediazione sia
sufficiente a ritenere realizzata positivamente per tutte le
parti la condizione di procedibilità (la fattispecie in
esame riguarda il primo caso con riferimento a mediazione
demandata dal giudice)
c. quali siano gli oneri relativi alla
proposizione della richiesta di mediazione in capo
all’attore ed in capo al convenuto che abbia proposto
domanda riconvenzionale, in caso di mediazione demandata dal
giudice ai sensi del secondo comma dell’art. 5 del
decr.lgsl.28/10.
Chi scrive ha già preso in esame, parzialmente, taluna delle
questioni che precedono con un’ordinanza che interveniva in
una controversia di locazione (materia nella quale il previo
esperimento della mediazione era già nel testo di legge
iniziale previsto come obbligatorio), dichiarando la
necessità, per la procedibilità della domanda
riconvenzionale dell’intimato nella fase ordinaria
successiva a quella sommaria, dell’esperimento della
procedura di mediazione non attivata dal locatore attore.
Quella che segue è la motivazione dell’ordinanza del 2012.
Le domande riguardanti materie soggette a mediazione
obbligatoria sono sottoposte alla disciplina per tale
procedimento prevista quale che sia la parte proponente e la
fase del giudizio nella quale la domanda viene introdotta.
Più specificamente, nulla (se non imperfezioni di tecnica
legislativa) autorizza a ritenere il contrario.
La legge non distingue fra domanda dell’attore e domanda
riconvenzionale del convenuto (o del terzo).
L’art. 5 del decr.lgsl. 28/2010 prevede infatti che “chi
intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad ….. e’
tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di
mediazione ai sensi del presente decreto ….”
La domanda giudiziale, quella dell’attore, come pure quella
del convenuto (o del terzo) in via riconvenzionale, si
qualifica come tale e ciò è sufficiente, ove avente ad
oggetto una delle materie di cui al primo comma dell’art. 5
del decr.lgsl 28/11, a ritenerla soggetta alla disciplina
della mediazione obbligatoria.
Non è sufficiente prova in contrario il richiamo, che si
legge nell’art. 5, al convenuto, quale soggetto che può
eccepire, ferma restando la pari potestà del giudice, in
limine litis, il mancato esperimento del procedimento di
mediazione.
Ciò in quanto non è la collocazione della parte (sul fronte
dell’attore o in quello del convenuto) a decidere se la
mediazione è obbligatoria, ma il contenuto della domanda
giudiziale, domanda che come è noto può essere dispiegata
sia dall’attore e sia, in via riconvenzionale, dalle altre
parti del giudizio (convenuto e terzo chiamato).
La imprecisione dell’espressione convenuto del resto si
ricava anche da altri indizi rilevatori come ad esempio la
inadeguatezza del termine a regolare le fattispecie di
opposizione a decreto ingiuntivo.
Evidente esigenza di garanzia di pari diritti per ogni parte
processuale impone una interpretazione, costituzionalmente
orientata, della norma che riduca a mera imperfezione
tecnica il predetto riferimento, in modo tale da assicurare
che ogni domanda giudiziale in subiecta materia, quale che
sia la parte che la propone, debba essere preceduta da
tentativo di mediazione.
L’eventuale improcedibilità in questo caso sarà riferita non
all’intero giudizio ma solo a quella parte di esso relativa
alla domanda carente per omessa mediazione.
Tale giurisprudenza merita di essere, alla luce
dell’esperienza fin qui maturata, precisata ed integrata,
nel senso di chiarire meglio, con adeguata motivazione, le
soluzioni che si ritengono giuste ed appropriate al contesto
normativo.
Va quindi affermato in primo luogo e per il momento
accantonando il contesto della mediazione demandata dal
giudice, e senza che possano residuare ragionevoli dubbi,
che laddove la domanda dell’attore non sia soggetta a
mediazione obbligatoria ex art. 5 comma 1° bis, mentre lo
sia quella riconvenzionale del convenuto per avere ad
oggetto una delle materie fra quelle indicate nella norma
suddetta, costituisce ineludibile onere di quest’ultimo
proporre rituale e tempestiva istanza di mediazione al fine
di rendere procedibile la sua domanda riconvenzionale.
In mancanza, la domanda riconvenzionale (ed essa sola,
attingendo esclusivamente tale domanda alle materie di cui
al comma 1 bis dell’art.5) va dichiarata improcedibile
Va ricordato che la domanda riconvenzionale è cosa ben
diversa dalle eccezioni, variamente qualificate che possono
essere sollevate dal convenuto. Queste ultime non hanno vita
propria, possono al contrario vivere solo all’interno della
causa ed in relazione alle domande avversarie alle quali si
oppongono.
Ben altra cosa la domanda riconvenzionale la quale, come
dimostra il prosieguo questa causa, può essere dispiegata
anche autonomamente altrove, in un altro procedimento, anche
assumendo se del caso forma e veste di domanda attorea.
La domanda riconvenzionale contiene la richiesta di una
pronuncia che ha per oggetto un bene della vita (in senso
lato) che la parte richiede al giudice.
Essa è idonea a supportare un’autonoma causa e controversia
e come tale, ove previsto o ordinato dal giudice, è soggetta
alle regole di procedibilità previste dall’art. 5
decr.lgsl.28/10. Come conferma testualmente il secondo
periodo del comma 1 bis dell’art. 5 l.cit. allorché
prevedendo che l’esperimento del procedimento di mediazione
è condizione di procedibilità della domanda giudiziale
riferisce tale sanzione alla DOMANDA giudiziale. Da
qualsiasi parte provenga, purché sia un vera e propria
domanda (non eccezione o altro).
Più complesso è rispondere al quesito sub B. Il problema che
in questo caso si pone può essere valutato in vari modi.
Si potrebbe ritenere che una volta che l’attore abbia
introdotto la procedura di mediazione, ciò valga a ritenere
realizzata la condizione di procedibilità per tutte le
domande sia essa quella dell’attore, sia quella
riconvenzionale del convenuto.
E che eguale effetto produca l’introduzione della domanda di
mediazione da parte del solo convenuto in riconvenzionale.
Interpretazione che ha l’indubbio vantaggio di semplificare,
in un contesto nel quale il legislatore è rimasto silente,
lo svolgimento della procedura di mediazione, che potrebbe
in tale modo ritenersi espletata, e la condizione di
procedibilità soddisfatta, purché tutte le parti vi abbiano,
nei modi di legge, partecipato.
Altra e diversa ipotesi è quella di ritenere che ciascuna
delle parti titolari di un diritto azionato sotto forma di
domanda vera e propria (non di eccezione, non di eccezione
riconvenzionale), come lo è la domanda riconvenzionale, sia
onerata al fine di realizzare la condizione di procedibilità
(che sussiste ratione materiae nei casi di cui all’art.1 bis
cit. ovvero nel caso di mediazione demandata dal giudice a
prescindere dalla materia e riferibile a tutte le parti e
domande, senza distinzione) di proporre, ove non congiunta,
istanza di mediazione, salva la opportuna riunione delle
procedure di mediazione a cura dell’organismo
preventivamente compulsato.
Questa seconda tesi risulta all’evidenza più farraginosa e
non merita di essere accolta.
Ed in effetti si può evitare di ritenerla percorribile ma a
determinate condizioni.
In sintesi che nel caso in cui sia la domanda dell’attore
che quella del convenuto in riconvenzionale abbiano ad
oggetto le materie di cui all’art.5 coma 1 bis del
decr.lgsl.28/20, così come nel caso di impulso del giudice
ai sensi del secondo comma di tale articolo (mediazione
demandata) almeno una delle parti abbia introdotto una
valida e completa domanda di mediazione.
Per comprendere meglio il significato di ciò che si è
affermato, occorre fare un passo indietro e precisamente
riandare all’art.4 del decreto lgs.28/10. Tale norma prevede
al primo comma che la domanda di mediazione relativa alle
controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante
deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del
giudice territorialmente competente per la controversia. In
caso di più domande relative alla stessa controversia, la
mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente
competente presso il quale è stata presentata la prima
domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha
riguardo alla data del deposito dell’istanza. Ed al secondo
comma, che specificamente interessa, che l’istanza deve
indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della
pretesa
Qual è la ragione per cui la domanda che introduce il
procedimento di mediazione deve indicare, come dice la
legge, l’oggetto …della pretesa ?
La risposta è agevole e intuitiva.
E riguarda la necessità della individuazione della causa
petendi e del petitum.
Non vi è il proposito, che sarebbe errato e fuori luogo
vista la informalità che ispira la procedura di mediazione,
di procedimentarla a guisa di una surrettizia imitazione o
trasposizione in essa di regole che attengono al contenzioso
giudiziario ed alla procedura civile. Deve piuttosto
contenerlo perché se viene proposta, ad esempio, una domanda
con la quale si richiede il ristoro dei danni a seguito di
una caduta causata da una sconnessione del marciapiede, non
si può ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità
prevista per la domanda relativa al risarcimento per un
investimento ad opera di un veicolo.
In altre parole, se è condivisibile predicare che:
a. deve esistere corrispondenza fra il
contenuto della controversia che si porta in mediazione e la
domanda con la quale si introduce la mediazione di tale
controversia,
b. e che tale corrispondenza debba essere
valutata con una certa ampia latitudine (nel senso che non è
opportuno pretendere una perfetta geometrica corrispondenza
proprio per la ricordata informalità della procedura di
mediazione), e infine
c. che la corrispondenza deve essere
riferita ai fatti più che alla loro definizione giuridica,
non può essere revocato in dubbio che la condizione di
procedibilità potrà ritenersi rimossa solo dove tale
corrispondenza nella sostanza, sussista.
La ragione di tale necessaria corrispondenza è intuitiva.
La legge impone che la mediazione si svolga fra le parti su
ciò che è il reale concreto oggetto del loro contendere,
altrimenti sarebbe una mediazione sfasata, monca, disassata
rispetto alla controversia. E quindi probabilmente
inefficace perché non attingerebbe all’oggetto ed alle
ragioni effettive del conflitto.
La stessa legge individuando materie per le quali la
mediazione è obbligatoria o autorizzando il giudice ad
incanalare la controversia nella procedura di mediazione,
impulso assistito dalla stessa sanzione di improcedibilità
per l’inosservanza, presuppone necessariamente la necessità
della positiva verifica di tale corrispondenza al fine di
affermare l’avvenuta realizzazione della condizione.
Infine è stesso esito, che non può che auspicarsi, nello
spirito della legge, positivo, con l’accordo delle parti,
che induce a ritenere necessario o quanto meno utile, che i
soggetti convocati debbano avere preventivamente e
chiaramente esplicitato l’oggetto della procedura di
mediazione alla quale sono invitati a partecipare.
Così stando le cose, potrebbe sostenersi – nel caso in
esame- che la mediazione non si sia efficacemente (anzi, e
per l’esattezza, che non si sia affatto) svolta sulle sole
domande introdotte dagli attori. E che l’inefficacia della
mediazione solo ad essa attinga. E che per contro la domanda
riconvenzionale dell’avvocato 3 contro tutti gli attori sia
perfettamente procedibile avendo il medesimo introdotto su
di essa una procedura di mediazione il cui oggetto è stato
così delineato dallo stesso mediatore nel verbale
surriportato: Oggetto della controversia: pagamento compensi
professionali e domanda di manleva.
Occorre, però, per una disamina più approfondita, partire
dall’ordinanza del giudice del 25.11.2013 e fissarne il
contenuto in parte qua
Ebbene, non vi possono essere dubbi che l’ordinanza,
coerentemente con la dizione dell’art.5 comma secondo del
decr.Lgsl.28/10 , ordinava la mediazione dell’intera
controversia
Ne consegue che al fine di soddisfare al tempo stesso
l’ordine del giudice e la previsione di procedibilità
condizionata all’adempimento a tale ordine, era necessario
che le parti congiuntamente o una qualsiasi delle parti
attivassero una procedura di mediazione su tutta la
controversia in modo che tutte le questioni dedotte sia con
le domande principali e sia con quella riconvenzionale
potessero trovare ingresso, confronto e discussione davanti
al mediatore.
Con ciò emergendo una radicale sostanziale differenza fra
mediazione obbligatoria (che necessita l’esame di quali
domande siano afferenti alle materie di cui all’art.5 comma
1 bis del decr.lgsl.28/10, potendo esserlo solo alcune di
esse, e mediazione demandata che involge tutta la
controversia e tutte le domande avanzate dalle parti
(attore, convenuto, terzi).
In realtà l’avvocato 3 ha equivocato in modo riduttivo la
portata, perspicua, dell’ordinanza, introducendo una
mediazione limitata alla sola sua domanda riconvenzionale di
pagamento dei compensi professionali.
Gli attori non hanno promosso, dal loro canto, alcuna
procedura di mediazione che allargasse il tema dell’incontro
al contenuto delle loro domande, né risulta dal verbale del
mediatore che ciò sia stato fatto, pur senza una domanda
autonoma e separata, nel corso dell’incontro del 14.3.2014.
Occorre aver ben chiaro che, quale che sia la tipologia
della mediazione, sia essa quella di cui al comma 1 bis
dell’art.5 sia quella di cui al successivo secondo comma,
essa deve sempre involgere l’intera controversia (sarebbe
infatti un non senso postulare una qualche possibilità di
successo e di accordo laddove si ammettesse che la procedura
di mediazione possa tenere fuori una parte, ad esempio le
domande dell’attore, dalla trattativa, in tal modo confinata
alle sole domande riconvenzionali del convenuto; e se è cosi
– ed è così- è da escludere che la norma possa essere
interpretata in questo modo).
Alla stregua di tali considerazioni emerge la
diversificazione della mediazione obbligatoria rispetto a
quella demandata dal giudice, anche per quanto concerne le
conseguenze dell’errore.
Nella mediazione obbligatoria per talune soltanto delle
domande (ad esempio perché la sola domanda riconvenzionale
attinge a materie di cui all’art.5 co. 1 bis) l’aver
proposto incompiutamente la domanda di mediazione,
confinandola alla sola trattazione di tale riconvenzionale,
condanna all’improcedibilità solo tale domanda, non
propagandosi il vizio alle domande degli attori che soggette
non vi siano.
Nel caso della mediazione demandata dal giudice la
situazione è diversa. In questo caso, nel quale la
condizione di procedibilità prescinde dalla materia, tutte
le domande, indifferentemente, quelle degli attori, quelle
dei convenuti e quelle dei terzi, sono soggette a
mediazione, e in questo caso aver confinato l’oggetto della
mediazione ad una parte soltanto della controversia (il che
equivale ad avere introdotto, violando in difetto la
disposizione impartita dal giudice, una mediazione monca),
comporta che l’improcedibilità si propaga a tutte le
domande.
In questo contesto, art. 5 secondo comma, per evitare tale
conseguenza è necessaria la proposizione da almeno una delle
parti di una domanda di mediazione che possa ritenersi, in
quanto riferita all’intera controversia ed al contenuto di
tutte le domande che la intersecano, rituale e compiuta.
Nel caso in esame, poiché la procedura di mediazione
demandata introdotta da uno dei convenuti aveva ad oggetto
solo la sua domanda riconvenzionale ed era quindi irrituale
per la ragione dianzi spiegata, e poiché nessuna delle altre
parti ha introdotto una rituale istanza di mediazione che
involgesse l’intera controversia e poiché si verte in tema
di mediazione demandata dal giudice in ambito diverso da
quello di cui all’art.5 comma 1° bis, deve coerentemente
concludersi che l’ordine del giudice non è stato ritualmente
ottemperato e che la mediazione è stata inefficacemente
introdotta e svolta.
Dalla previsione dell’art. 5 co. II° consegue la
improcedibilità di tutte le domande.
Sia quelle degli attori che quella del convenuto.
Vista l’assoluta novità della decisione è giusto compensare
per intero fra le parti le spese di causa. |
P.Q.M. |
definitivamente pronunziando, ogni contraria domanda
eccezione e deduzione respinta, così provvede:
1. DICHIARA inammissibili le domande riconvenzionali
dell’avv.3 di cui ai numeri 2-5 del punto 1 di cui in
motivazione;
2. DA’ ATTO della mancata rituale attivazione della
procedura di mediazione demandata che doveva riguardare
l’intera controversia e tutte le domande delle parti;
3. DICHIARA improcedibile sia la domanda riconvenzionale di
cui al numeri 1 del punto 1 di cui in motivazione dell’avv.3
e sia quelle degli attori;
4. COMPENSA per intero le spese di causa. |
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Roma, 27 novembre 2014
il Giudice, Dott. Massimo Moriconi |
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