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La parte chiede la nullità
e/o l’annullabilità dell'accordo raggiunto in mediaizone. Il
giudice respinge la domanda e condanna la parte attrice a
rifondere alle controparti € 15.000 di spese legali oltre il
rimborso forfettario delle spese generali per un totale
complessivo di € 65.000. |
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TRIBUNALE DI ROMA
Sez. VIII civile |
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in composizione monocratica nella
persona del dott. Marcello Buscema, all'udienza del 22
ottobre 2014, ha pronunciato ai sensi -dell'art. 281 sexies
epe la seguente |
SENTENZA |
nella causa civile dì primo grado iscritta a n
............ del RGACC dell'anno 2013 |
TRA |
............................ elettivamente domiciliata
in Roma, via ....................... presso lo studio degli
avv. ....................... che la rappresentano e
difendono in virtù di mandato a margine della citazione |
PARTE ATTRICE |
E |
.......................
elettivamente domicialiata in Roma, presso lo studio
dell'avv. ....................... che la rappresenta e
difende in virtù di procura alle liti a margine della
comparsa di costituzione e risposta
....................... elettivarnente domiciliata in Roma,
presso lo studio dell'avv. ....................... che
la rappresenta e difende in virtù di procura alle liti in
calce alla comparsa di costituzione e risposta
....................... elettivamente domiciliata in Roma
presso lo studio dell'avv. ....................... che
la rappresenta e difende, unitamente all'avv.
....................... in virtù di procura alle liti
a margine in calce alla comparsa di costituzione e risposta |
PARTE CONVENUTA |
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OGGETTO: divisione |
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PREMESSO CHE:
- La presenta controversia stata incardinata da
....................... moglie del defunto
....................... per ottenere nei
confronti delle altre eredi .......................
(sorelle), lo scioglimento
della comunione ereditaria dei beni relitti;
- Con distinti atti si sono costituite in giudizio le tre
convenute le cui difese hanno preliminarmente, eccepito
l'inamnissibilità della domanda giudiziale perché era stato
raggiunto un accordo di mediazione fra tutti i coeredi,
omologato dal Presidente dei Tribunale di Roma con decreto 7
gennaio 2014.
Nel merito, contestavano la domanda. |
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CONSIDERATO CHE:
- E' documentale la circostanza che .......................
ha avviato con le altre partì, dinanzi all'organismo di
mediazione ....................... , un procedimento di
mediazione rubricato col nr........................
per esperire la relativa procedura relativamente alla
controversia avente ad oggetto la divisione dei beni relitti
dal defunto ....................... ;
- Alla prima seduta del 20 luglio 2012 erano presenti tutti
i coeredi assistiti dai loro legali, ad eccezione di
....................... coniuge del defunto, la quale
non presenziava.
Dai verbale redatto in tale occasione risulta che le parti
presenti raggiungevano la conciliazione della lite, stilando
un accordo con cui si ripartivano i beni caduti in
successione, sottoponendolo alla condizione sospensiva della
ratifica del verbale da parte del legale rappresentante di
....................... in attesa che il Tribunale le
nominasse un amministratore di sostegno;
- Risulta altresì che il giorno 18 giugno 2013 presso la
sede dell'organismo di mediazione compariva nella veste di
amministratore di sostegno l'avv. .......................
in forza di nomina del 5.3.2013, il quale, previa
autorizzazione data dal Tribunale con decreto del 4.6.13,
ratificava l'accordo raggiunto, portando pertanto a
conclusione la procedura. |
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RITENUTO CHE:
- Il procedimento di mediazione disciplinato dal D.Lgs
28/10, così come novellato dal decreto legge n. 69 del 2013
(convertito dalle legge n. 98 del 2013), ha natura
sostanziale, perchè destinato a favorire la conclusione di
un vero e proprio accordo negoziale tra i potenziali
litiganti, ancorchè veicolato attraverso un procedimento che
tende a favorirlo. Il contesto dove avviene l'accordo ha una
rilevanza solo formale, ma non influisce in alcun modo sulla
formazione della volontà pattizia, essendo libere le parti
di accordarsi o meno, senza alcun potere impositivo (o
decisorio) dell'organismo di mediazione;
- Ciò trova altresì riscontro nella constatazione che la
disciplina dell'istituto in esame ne limita l'operatività
alla sola materia dei diritti disponibili, così
avvalorandone l'inerenza alla libertà negoziale delle parti
e alla loro autonomia negoziale, accordo che può assumere le
forme più varie per risolvere la lite, costituendo
espressione del potere negoziale delle parti ex art. 1321
c.c., perché attraverso di esso viene regolamentata la
situazione giuridica sostanziale (Trib. Como, sez. Cantù,
ordinanza 2 febbraio 2012);
- Trattandosi di un vero e proprio accordo concluso tra le
parti va sottolineato come esso altro non sia, nella maggior
parte dei casi, che una vera e propria transazione per così
dire assistita, ossia garantita dalla presenza dei
legali delle parti e da un soggetto terzo, per l'appunto
l'organismo di mediazione, il cui ruolo è quello di mediare
le posizioni conflittuali per cercare un punto dì raccordo
soddisfacente per tutti i contendenti, anche attraverso la
formulazione di proposte di soluzione della lite;
- Lo stesso testo legislativo, nel delineare le
caratteristiche e le modalità procedurali della mediazione,
fa riferimento in più punti (art. 11) all' "accordo"
amichevole raggiunto, alla "proposta", all'
"acceitazione" e, in maniera più esplicita, prescrive
che "Se con l'accordo le parli concludono uno dei
contratti o compiono uno degli atti previsti dall'art. 2643
del codice civile, per procedere alla trascrizione dello
stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere
autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato"
(art. 11, comma 3 del Dlgs 28/10), a riprova che la
disciplina è mutuata da quelli dei contratti;
- Alla luce di quanto si é appena chiarito, non vi è motivo
ragionevole per escludere che l'accordo in mediazione possa
essere assoggettato, secondo la disciplina generale del
contratto, ad una condizione sospensiva ai sensi dell'art.
1353 c.c., come è accaduto nel caso di specie, non
ravvisandosi alcuna preclusione o elemento ostativo nei
riguardi del contratto di transazione;
- Né ha alcun valore giuridico l'argomento speso dalla
difesa dell'attrice teso a inficiare l'accordo perché non
conclusosi nel termine previsto dalla normativa, che
all'epoca era pari a 4 mesi.
La difesa attrice, al riguardo, dimostra di non dare il
giusto valore ermeneutico alla disposizione contenuta
nell'art. 6 del citato decreto legislativo 28 laddove, al
comma 1, prescrive(va) che la procedura di mediazione ha una
durata non superiore a 4 mesi.
Infatti, tale disposizione è strettamente connessa alla
condizione di procedibilità
dell'azione giudiziaria, nel senso che la durata massima dei
procedimento di mediazione è stata stabilita allo scopo dì
evitare che le parti fossero assoggettate sine die
al divieto di rivolgersi all'Autorità Giudiziaria se non
dopo aver fatto ricorso alla procedura di mediazione, la cui
durata massima, perciò, è stata fissata in 4 mesi (oggi 3
mesi);
- Ne consegue che tale limite temporale non può che operare
esclusivamente per l'azionabilità delle domande in sede
giudiziale e non, viceversa, costituire un limite temporale
per la formazione dell'accordo.
In buona sostanza si intende dire che l'operatività del
termine di durata della mediazione involge solo gli aspetti
procedurali dell'istituto e non, come è nel caso in esame,
gli aspetti sostanziali dell'accordo, i cui effetti sono
stati pattiziamente sottoposti a condizione sospensiva senza
fissazione di un termine per il verificarsi della
condizione;
- L'ulteriore domanda tesa a far annullare l'accordo di
mediazione per un preteso vizio del consenso è anch'essa
infondata.
Al riguardo, l'errore che la parte attrice evidenzia sarebbe
consistito nell'aver fatto affidamento, nella stima dei
valori mobiliari, al loro valore nominale e non invece ai
valore di mercato (cfr. comparsa di costituzione e risposta
14.1.14, pag. 15);
- Come la Suprema Corte ha affermato in tema di transazione
"l'errore sulla valutazione economica della cosa oggetto
del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto
idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del
contratto, in quanto il difetto di qualità della cosa deve
attenere solo ai diritti ed obblighi che il contratto in
concreto sia idoneo ad attribuire, e non al valore economico
del bene oggetto del contratto, che afferisce non
all'oggetto del contratto ma alla sfera dei motivi in base
al quali la parte si è determinata a concludere un
determinato accordo, non tutelata con lo strumento
dell'annullabilità anche perché non è riconosciuta
dall'ordinamento tutela rispetto al cattivo uso
dell'autonomia contrattuale, e all'errore sulle proprie,
personali valutazioni, delle quali ciascuno dei contraenti
assume il rischio (fattispecie relativa ad una transazione,
impugnata successivamente da una delle parti perché il
valore dei beni ottenuti a seguito della transazione stessa
si era rivelato inferiore rispetto a quello che la parte si
attendeva di conseguire)." (Cass., 3 aprile 2003, n.
05139; Cass., 24 luglio 1993, n. 8290);
- Di conseguenza, l'erronea valutazione dedotta non è
sussumibile nello schema dell'errore di fatto idoneo ad
inficiare il contratto di transazione, oltre all'ulteriore
considerazione che - a tutto voler concedere - difetterebbe
comunque il requisito della riconoscibilità da parte degli
altri contraenti, in ragione del fatto che deve ritenersi
che rientri nella comune esperienza e nella ordinaria
capacità cognitiva anche dell'uomo medio sapere che il
valore nominale dei titoli mobiliari (azioni, obbligazioni,
etc.) non corrisponde a quello di mercato, senza contare che
la ....................... quando ha aderito all'accordo,
era rappresentata da un legale in grado certamente di
conoscere tale differenza;
- Oltremodo, dato che la parte che chiede l'annullamento del
contratto per errore essenziale ha l'onere di dedurre e
provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali tale
qualità risulti, nonché l'essenzialità dell'errore e la
riconoscibilità dalla controparte (Cass., 13 marzo 2006, n.
5429), tale prova non è stata neppure chiesta dall'attrice
(cfr. memoria istruttoria ex art. 183 cpc) e, pertanto, la
domanda sarebbe comunque sfornita di prova;
- In conclusione, respinte le domande riconvenzionali (di
nullità e annullabilità dell'accordo di mediazione)
introdotte dall'attrice in conseguenza dell'eccezione
pregiudiziale di inammissibilità della domanda di divisione,
quest'ultima domanda principale va dichiarata inammissibile
per aver le parti, prima della proposizione della domanda,
proceduto consensualmente allo scioglimento della comunione
ereditaria;
- Le spese di lite, stante la soccombenza totale, vanno
poste a carico dell'attrice e si liquidano in dispositivo in
ragione del valore della controversia. |
P.Q.M. |
Il Giudice, definitivamente pronunciando sulla domanda
iscritta al nr. ....................... RG, disattesa ogni
contraria istanza ed eccezione, così decide:
1) Respinge le domande di nullità e di annullamento
dell'accordo di mediazione intercorso tra le parti.
2) Dichiara inammissibile la domanda di scioglimento della
comunione ereditaria proposta da .......................
3) Condanna l'attrice a rimborsare alle controparti le spese
di lite che liquida, a favole di ciascuna parte, in
complessivi € 15.000 per compensi oltre iva e cpa, oltre al
rimborso forfetario delle spese generali come per legge. |
Così deciso in Roma, il giorno 22
ottobre2014
Il Giudice Dott. Marcello Buscema |
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