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Applicazione della sanzione in caso di
mancata partecipazione al primo incontro senza
giustificato motivo |
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI VERONA
SEZIONE SECONDA |
in persona del Dottor Luigi
Pagliuca in funzione di giudice unico ha pronunciato la
seguente |
SENTENZA |
nella causa civile iscritta al n.
4000 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’ anno
2016 e vertente
tra
D.XX F.XX – attore
E
Azienda Ospedaliera – convenuta –
Conclusioni:
Attori: “Voglia il Tribunale Ill. mo di VERONA, contrariis
reiectis, così giudicare. In via principale e nel merito:
accertare e dichiarare, alla luce della depositata CTU, la
responsabilità dell’ Azienda Ospedaliera, in persona del
Direttore Generale e Legale rapp. te pro-tempore con sede a
Verona, , n. 1 , ai sensi e per gli effetti degli artt.1176
e 1218 c.c., in relazione agli artt. 2236, 2043 e 2049 c.c..
e , per l’ effetto, condannarla, a titolo di risarcimento
dei danni subiti dall’ attore, dell’ importo che sarà meglio
quantificato in comparsa conclusionale e , pertanto, per il
Danno non patrimoniale, il Danno morale di quest’ ultimo,
oltre gl’ interessi compensativi dalla data dell’ illecito
alla pubblicazione della sentenza (Corte di Cassazione,
Ordinanza n 18049/2017, Sez. 6A, depositata il 21.7.2017;
Cass, Sez. Un. 1995/1712; Cass. Civ. 02.04.2001, Sez. IIIA n
4783 ) , e interessi legali da quella data al soddisfo,
(Cass, Sez. Un. 1995/1712; Cass. Civ. 02.04.2001, Sez. IIIA
n 4783, Cass. Civ. Sez. IIIA, n 25571 dep. ta 30.11.2011;
Corte di Appello di Milano, n 3132/2010, dep. ta 16.11.2010;
Trib. Milano, Sez. 5A, n 14441/2011, dep. ta 29.11.2011 ) ,
oltre le spese di CTU e di CTP, (Cass. civ. Sez. VI,
11/01/2012, n. 179 ) , ovvero al pagamento di una somma
maggiore o minore che questo On. le Tribunale vorrà
accertare e , conseguentemente, liquidare, ovvero altra
somma ritenuta di giustizia, Cass.19.06.1995, n 6927;
Cass.19.05.1999 n 4852, Sez. IIIA ) , nonché al risarcimento
di TUTTI I. D.XXX, anche di quelli qui non espressamente
indicati, che l’ On. le Tribunale vorrà individuare e ,
conseguentemente, liquidare (Cass. Civile, Sez. 3., n
6737/2011, dep. ta il 24.3.2011; Cass. Civile, Sez 3., n
1216/2014, dep. ta 22.1.2014). Con vittoria di spese,
competenze ed onorari legali di cui si chiede la
distrazione, ai sensi dell’ art. 93 c.p.c., tenendo conto
dei nuovi parametri forensi previsti dal decreto 10 marzo
2014. N. 55, oltre IVA, CPA e 15% spese forfettarie (art. 2)
Si chiede, ancora, che l’ On. le Tribunale di Verona voglia
dichiarare provvisoriamente esecutiva la sentenza, che
questa venga registrata a debito ai sensi dell’ art 59,
lettera d) del DPR n 131/1986 e che l’ imposta prenotata a
debito venga recuperata nei confronti dell’ Ente Ospedaliero
convenuto.”.
Convenuta: “In via del tutto preliminare: l’ A.XX, senza che
ciò possa costituire riconoscimento di responsabilità e/o
ammissione di colpa, a puro scopo conciliativo, offre, al
fine della completa definizione della controversia, la somma
onnicomprensiva di 17.050, 00 a saldo e stralcio. In via
principale: rigettarsi tutte le domande avversarie perché
infondate in fatto e in diritto. In via subordinata: nella
denegata e non creduta ipotesi in cui venga accertata una
qualsiasi responsabilità in capo ai sanitari dell’ Azienda
Ospedaliera, si chiede all’ Ill. mo Giudice di compensare le
spese del presente giudizio alla luce della congrua proposta
transattiva già formulata in comparsa di costituzione e
risposta di fatto corrispondente alle risultanze della CTU.
In ogni caso, con vittoria di spese del presente giudizio,
oltre al rimborso delle spese generali ed oneri riflessi
nella misura del 23, 80 %.”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
a) Accertamento della responsabilità
In fatto è pacifico e comunque documentalmente provato:
– che D.XX F.X in data 5.9.2014 si era sottoposto presso il
Servizio di Endoscopia dell’ Azienda Ospedaliera Integrata
di, a colonscopia, data la familiarità per tumore
colon-retto;
– che nel corso del suddetto esame era stata riscontrata la
presenza di due polipi piani a livello del sigma e che gli
stessi erano stati contestualmente asportati, per essere
successivamente sottoposti ad esame istologico;
– che dopo il rientro a casa, lo stesso giorno l’ attore
aveva accusato addominalgia e rialzo febbrile e per tali
motivi si era recato al Pronto Soccorso del medesimo
nosocomio, ove era stata posta diagnosi di perforazione
colica e , pertanto, era stato sottoposto ad un intervento
laparotomico d’ urgenza per peritonite con resezione di
intestino colon di 20-25 cm.
L’ attore ha convenuto in giudizio l’ Azienda Ospedaliera al
fine di sentire accertare la responsabilità dei sanitari
della convenuta per i danni subiti in conseguenza della
perforazione del colon nel corso dell’ intervento di
resezione colonscopica di polipi e , conseguentemente, ha
chiesto che la convenuta sia condannata al risarcimento di
tutti i danni patiti.
L’ Azienda Ospedaliera , pur avendo formulato sin dall’
inizio proposta transattiva, nel merito ha negato la
sussistenza di ogni responsabilità in capo ai propri
sanitari ed ha perciò richiesto il rigetto della domanda
attorea.
La domanda attorea è fondata. Il CTU, all’ esito di un’
indagine esaustiva e condotta secondo metodologia che appare
assolutamente corretta, ha in primo luogo accertato la
sicura sussistenza del rapporto di causalità materiale tra
la condotta dei medici che avevano eseguito l’ intervento e
l’ evento dannoso.
Non vi è dubbio, quindi, che la perforazione del colon (per
rimediare alla quale l’ attore si era dovuto sottoporre a
intervento di laparotomia d’ urgenza) fosse stata provocata
dalle manovre e dalle operazioni di asportazione dei due
polipi eseguite nel corso dell’ intervento di polipectomia
del 5.9.14.
Si tratta quindi di verificare se nel caso di specie la
condotta dei sanitari sia stata scorretta (ed in
particolare, secondo quanto allegato da parte attrice, se l’
operatore, per asportare i polipi, abbia utilizzato l’ ansa
diatermica in eccessiva profondità ovvero per tempo
abnormemente prolungato, cagionando la lesione) e sussista
quindi condotta colposa degli stessi, ovvero se la
perforazione colica verificatasi abbia costituito
complicanza integrante concretizzazione del rischio
normalmente connesso a questo tipo di intervento, pur in
assenza di errori imputabili ai sanitari (come sostiene la
convenuta).
Come evidenziato dal CTU il rischio di perforazione colica
in corso di colonscopia è senz’ altro presente ed attestato
in letteratura, in percentuale di casi definite dal
consulente “veramente sporadiche”in ipotesi di asportazione
di polipi con diametro inferiore a 5 mm, nonché in
percentuali comunque basse (2, 97%) in caso di asportazione
di polipi di diametro superiore.
Nel caso di specie il polipo asportato si presentava di
dimensioni contenute (5/6 mm di diametro) sicché, per quanto
sopra evidenziato, il rischio che si potessero verificare
perforazioni del colon pur a fronte di una manovra di
asportazione correttamente eseguita era assolutamente
minimo.
Questa considerazione, valutata unitamente al fatto che la
perforazione colica si fosse manifestata precocemente (lo
stesso giorno dell’ intervento l’ attore aveva accusato
dolori addominali, era tornato in ospedale ed era stato
sottoposto all’ intervento di laparotomia d’ urgenza) e che
nel corso dell’ intervento l’ operatore avesse applicato una
clip metallica (il che è indicativo del fatto che una
qualche lesione fosse stata rilevata ) , induce a ritenere
che – come ritenuto anche dal CTU – sia probabile che, nel
corso dell’ operazione di asportazione del polipo, “la presa
dell’ ansa diatermica sia stata eccessiva nei confronti del
diametro del piccolo polipo e che, pertanto, abbia provocato
una continuità parietale”.
Sulla scorta delle emergenze istruttorie, quindi, deve
ritenersi comprovata almeno una delle condotte colpose (in
sicuro rapporto eziologico con l’ evento dannoso) allegate
dall’ attore (uso scorretto dell’ ansa diatermica, durante
l’ operazione di asportazione del polipo). In ogni caso,
poiché l’ Azienda Ospedaliera convenuta deve rispondere a
titolo di responsabilità contrattuale nei confronti dell’
attore (in forza del contratto di spedalità con lo stesso
concluso e dovendo essa rispondere delle condotte dei
sanitari suoi dipendenti che avevano eseguito la prestazione
medica, ai sensi dell’ art 1228 cc: cfr Cass. 13066/04,
Cass. 2042/05, Cass. 1698/06, Cass. 13953/07, Cass 8826/07,
Cass. 18610/15 ) , grava sulla stessa, ai sensi dell’ art
1218 cc e dei principi generali in tema di prova in materia
contrattuale, l’ onere di dimostrare di avere correttamente
adempiuto alla propria prestazione e quindi, in concreto,
che nel caso di specie la condotta dei sanitari era stata
corretta e esente da censure (cfr Cass. SU 577/08, Cass.
10297/04, Cass. 15993/11, Cass. 27855/13, Cass. 24073/17).
Di conseguenza, l’ eventuale dubbio in merito alla
commissione di errori da parte dei sanitari (e , quindi, in
merito alla sussistenza di condotta colposa degli stessi)
non potrebbe che risolversi a danno della convenuta,
spettando ad essa l’ onere di dimostrare che la condotta dei
sanitari era esente da censure ovvero non in rapporto
eziologico con l ‘ evento dannoso (ipotesi, quest’ ultima,
da escludersi sicuramente, per quanto sopra osservato).
D’altra parte la conclusione del CTU (che, come detto, ha
infine ritenuto sussistenti profili di colpa in capo al
sanitario, per avere scorrettamente eseguito la manovra di
asportazione del polipo) non è stata contestata dai CTP
delle parti, sicché non vi è ragione di dubitare della
correttezza della stessa. In conclusione, quindi, va senz’
altro affermata la responsabilità contrattuale della
convenuta per i danni patiti dall’ attore in conseguenza
dell’ intervento di polipectomia del 5.9.14.
b) Quantificazione del danno
Come accertato dal CTU, a causa e in conseguenza dell ‘
errore medico di cui si è detto, l’ attore si è dovuto
sottoporre ad un intervento chirurgico in anestesia generale
e ad un successivo ricovero ospedaliero di nove giorni.
Attualmente residuano postumi permanenti costituiti da esiti
cicatriziali a livello addominale e dalla perdita di un
tratto di circa 15 centimetri di colon trasverso distale e
discendente (asportato nel corso dell’ intervento di
laparotomia). Il CTU ha quindi quantificato in misura pari
al 10% la percentuale di invalidità permanente residuata,
nonché in 9 giorni (corrispondenti al periodo di ricovero)
la ITT, in 10 giorni la I.X al 75%, in 10 giorni la I.X al
50% e in 10 giorni la I.X al 25%. V.XXXX che, in quanto non
contestati dai CTP e dalle parti, possono essere senz ‘
altro fatti propri anche dal giudicante. Non trattandosi di
lesioni micro permanenti, la quantificazione del danno non
patrimoniale deve avvenire applicando i criteri di cui alle
tabelle Milanesi dell’ anno 2018.
Nel caso di specie l’ attore non ha allegato e comprovato
(come da onere sullo stesso incombente: cfr Cass. 27482/18,
Cass. 10912/18, Cass. 23469/18) la sussistenza di
conseguenze anomale, eccezionali ed eccedenti i pregiudizi
che normalmente si verificano in presenza di postumi
permanenti della tipologia ed entità di quelli accertati in
capo all’ attore (e già considerati e valorizzati nel valore
del punto medio di cui alle sopra indicate tabelle ) ,
sicché a favore del D.XXXXX non può essere riconosciuto
alcun aumento del valore tabellare base, a titolo di
personalizzazione del risarcimento.
Quanto ai periodi di invalidità temporanea il risarcimento
può essere riconosciuto per il valore giornaliero massimo di
euro 147, 00 per il periodo di ITT in ricovero ospedaliero
(ove la sofferenza è stata senz’ altro maggiore) e in
percentuali calcolate sul valore base di euro 98, 00 per i
successivi periodi di I.XX Pertanto, in applicazione di
questi criteri, va riconosciuta all’ attore (che all’ epoca
del sinistro aveva esattamente 40 anni) a titolo di
risarcimento del danno non patrimoniale patito, la
complessiva somma di euro 25.280, 00 così determinata: a)
1.323, 00 per danno non patrimoniale durante gli 9 giorni di
invalidità temporanea totale (in ragione di euro 147, 00 al
giorno); b) 735, 00 per danno non patrimoniale durante i 10
giorni di invalidità temporanea parziale al 75% (in ragione
di euro 73, 50 al giorno); c) 490, 00 per danno non
patrimoniale durante i 10 giorni di invalidità temporanea
parziale al 50% (in ragione di euro 49, 00 al giorno); d)
245, 00 per danno non patrimoniale durante i 10 giorni di
invalidità temporanea parziale al 25% (in ragione di euro
24, 50 al giorno); e) 22.487, 00 per danno non patrimoniale
permanente.
Importi tutti già liquidati all’ attualità e che non vanno
quindi sottoposti a rivalutazione. Inoltre, potendosi
presumere che, in caso di pronta corresponsione del
risarcimento, l’ attore avrebbe fatto un impiego delle somme
ottenute che gli avrebbe garantito quantomeno un lucro pari
all’ interesse legale, possono essere senz’ altro
riconosciuti anche i c.d. interessi compensativi della
mancata immediata percezione del risarcimento, al tasso
legale.
Ai fini della liquidazione degli interessi compensativi, in
adesione al consolidato indirizzo giurisprudenziale
inaugurato da Cass. s.u. 1712/95, l’ importo complessivo del
risarcimento spettante (euro 25.280, 00) deve essere
devalutato, secondo l’ indice Istat di variazione dei prezzi
al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, sino alla
data del sinistro (5.9.14) e successivamente, sull’ importo
così ottenuto, gli interessi devono essere calcolati, al
saggio legale, sulla somma via via rivalutata anno per anno
sino alla data di redazione della presente sentenza e di
quantificazione del complessivo danno patito dall’ attore.
In applicazione di detto criterio di computo gli interessi
compensativi complessivamente dovuti all’ attore ammontano
ad euro 420, 00, sicché la somma complessivamente dovuta a
D.XXXXX F.XXXXXXX per capitale ed interessi compensativi è
pari ad euro 25.700, 00 (25.280, 00 + 420, 00 ) , da
maggiorarsi poi di interessi legali dalla data di redazione
della presente sentenza al saldo. c) spese e altre
statuizioni.
L’ importo del risarcimento accertato all’ esito del
giudizio è praticamente doppio rispetto alla somma (euro
12.884, 97) che la convenuta aveva offerto in via
transattiva all’ inizio del giudizio medesimo.
Deve perciò ritenersi che l’ attore abbia legittimamente
instaurato la presente causa e poi rifiutato l’ offerta
risarcitoria di controparte, in quanto inadeguata.
Di conseguenza non vi è ragione di derogare, nella
fattispecie, al criterio della soccombenza nella
ripartizione delle spese di lite. Pertanto la convenuta va
condannata a rimborsare per intero all’ attore le spese di
lite (sia della fase di mediazione, sia del presente
giudizio di merito) che si liquidano nell’ importo
complessivo di euro 6.041, 00, di cui euro 786, 00 per spese
e euro 5.255, 00 per compenso professionale, oltre spese
generali 15%, cpa e Iva se dovuta. Il tutto con pagamento
diretto a favore dell’ avv. G.XX B.XX, dichiaratosi
antistatario ex art 93 cpc.
Non sussistono invece i presupposti per l’ applicazione
della maggiorazione di cui all’ art 4, c. 8 DM 55/14, tenuto
conto anche del fatto che, all’ esito del giudizio, il
risarcimento è stato comunque quantificato in importo
sensibilmente inferiore a quello richiesto da parte attrice.
Anche le spese di CTU, come liquidate dal Giudice con
decreto in data 8.3.2018, vanno integralmente poste a carico
di parte convenuta.
La convenuta, seppur ritualmente intimata, non è comparsa
all’ udienza del 12.1.16 dinanzi all’ Organismo veronese di
mediazione forense adito da parte attrice per il tentativo
obbligatorio di mediazione ai sensi del Dlgs 28/10.
A giustificazione della mancata comparizione la convenuta ha
addotto il fatto che, essendo stata informata dell’
iniziativa dell’ attore solo nel dicembre 2015, non aveva
avuto il tempo necessario per procedere all’ istruttoria
interna in merito ai fatti avvenuti, sicché il tentativo di
mediazione sarebbe risultato senz’ altro inutile e , quindi,
la stessa ha per tale ragione preferito non parteciparvi.
In proposito va osservato che l’ impedimento che rileva ai
sensi dell’ art, 8, c. 4bis Dlgs 28/10 è esclusivamente
quello alla materiale partecipazione al primo incontro
dinanzi al mediatore. Pertanto, per andare esente dall’
applicazione della sanzione prevista da della norma, la
parte deve allegare e comprovare la sussistenza di un
impedimento oggettivo alla sua comparizione dinanzi al
mediatore, non rilevando a tal fine giustificazioni
attinenti al diverso profilo relativo alla ritenuta utilità
o meno del tentativo di mediazione.
La giustificazione addotta dalla Azienda convenuta, quindi,
non è certo idonea a giustificare la sua mancata
comparizione dinanzi al mediatore, sicché a carico della
stessa va applicata la sanzione di cui alla norma sopra
citata. La condotta dei sanitari accertata all’ esito del
presente giudizio integra astrattamente ipotesi di reato
(lesioni colpose ) , del che può darsi atto nel dispositivo
ai sensi e per gli effetti di cui all’ art. 59, comma 1,
lett d) DPR 131/86, come da richiesta di parte attrice.
PQM
pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni
diversa domanda, istanza ed eccezione:
a) accerta e dichiara la responsabilità contrattuale dell’
Azienda Ospedaliera per i danni derivati a D.XXXXX F.XXXXXXX
in conseguenza dell’ intervento di colonscopia a cui si era
sottoposto in data 5.9.14;
b) per l’ effetto, condanna l’ Azienda Ospedaliera al
pagamento della somma di euro 25.700, 00, oltre interessi
legali dalla data di redazione della presente sentenza sino
al saldo effettivo, a favore di D.XXXXX F.XXXXXXX, a titolo
di risarcimento del danno;
c) condanna l’ Azienda Ospedaliera a rimborsare a D.XXXXX
F.XXXXXXX per intero le spese di lite per l’ importo di euro
6.041, 00, oltre spese generali 15%, cpa e Iva se dovuta. Il
tutto disponendo il pagamento diretto dell’ intero importo a
favore dell’ avv. G.XXXXXX B.XXXXXX, dichiaratosi
antistatario ex art 93 cpc;
d) pone le spese di CTU, come liquidate con decreto in data
8.3.2018, ad integrale carico di parte convenuta;
e) visto l’ art. 8, 4bis Dlsg 28/10 condanna parte convenuta
al pagamento a favore dell’ Erario dell’ importo di euro
759, 00, pari al contributo unificato dovuto per il presente
giudizio;
f) dà atto che il fatto illecito accertato all’ esito del
presente giudizio configura in astratto ipotesi di reato
(lesioni colpose).
Così deciso in Verona, il 21.5.2019
Il Giudice Dott. Luigi Pagliuca |
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