|
La mediazione civile e commerciale nel 2021
Brevi note “a prima lettura” sui dati diffusi
dal Ministero della Giustizia |
Sezione Mediazione - Nota osservatorio |
|
Nelle scorse settimane il
Ministero della Giustizia ha diramato i dati relative alle
statisti-che sulla mediazione civile e commerciale nell’anno
2021 (per la consultazione integrale del documento, cfr.
https://webstat.giustizia.it), evidenziando un
incremento delle iscri-zioni rispetto alle rilevazioni
dell’anno precedente.
Sebbene ancora caratterizzato dalle disposizioni della
legislazione speciale di conteni-mento della diffusione
della pandemia, l’anno 2021 ha segnato un graduale ritorno
alla ordinaria gestione delle procedure di mediazione ed ha
consolidato l’utilizzo degli stru-menti telematici,
principalmente nella modalità della mediazione on line in
video-conferenza. Prassi tradizionali ed innovative sono
state altresì oggetto delle riflessioni e dei dibattiti che
hanno portato alla formulazione dell’art.1 comma 4 della
legge n.206/2021 (“delega al Governo per l'efficienza
del processo civile e per la revisione del-la disciplina
degli strumenti di risoluzione alternativa delle
controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei
procedimenti in materia di diritti delle persone e delle
famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”) che
prevede non solo una serie di significative modifiche alla
disciplina della mediazione, ma lancia il disegno
(ambizioso) di un testo unico degli strumenti complementari
di giustizia che, si può ipotizzare, potrebbe trovare nella
disciplina positiva della mediazione civile e commerciale il
proprio cardine.
Una veloce lettura dei dati relativi all’anno 2021 può,
pertanto, rivelarsi utile non soltanto per verificare lo
stato attuale della diffusione e dell’efficacia dello
strumento della mediazione, ma altresì per conoscere le
dimensioni ed i caratteri del contesto sul quale la rifor-ma
della delega della legge n.206/2021 andrebbe ad incidere e
poterne valutare alcune delle ragioni più profonde, oltre il
semplice effetto deflattivo.
1. Iscrizioni, flussi ed esiti per materia
Il primo e più immediato dato di interesse
riguarda l’incremento, rispetto al 2020, del numero delle
iscrizioni (166.551 : +32%) e delle definizioni (152.919 :
+40%) delle procedure di mediazione relative non soltanto
alle materie contemplate dall’art. 5 comma 1-bis del
d.lgs.28/2010, ma altresì dall’art. 3 commi 6bis e 6ter del
d.l. 6/2020 (controversie relative ad inadempimento dovuto
alle misure di contenimento della pandemia) ed a tutte le
altre materie ammesse (al riguardo si sono registrate 29.008
istanze relative ad ipotesi di mediazione cd. volontaria).
L’incremento rispetto al 2020 appare indubbiamente dovuto
alla ripresa delle attività giudiziarie dopo il periodo di
blocco dei primi mesi della pandemia, come peraltro
specificato anche nel report diffuso, che ha portato ad
iscrizione anche questioni “recuperate” dall’anno
precedente. Se le controversie in tema di diritti reali e di
condominio appaiono tra le più numerose, presentano
percentuali molto alte anche le controversie sui contratti
bancari (13,8%), sulle locazioni (12,5%) e sui contratti
assicurativi (9,2%). In relazione a quest’ultima categoria
appare opportuno, tuttavia, evidenziare come il report
ministeriale scorpori il dato dei cd. organismi outlier
(cioè organismi che trattano prevalentemente iscrizioni
massive di mediazioni in materia di contratti assicurativi
che si concludono con la mancata comparizione dell’aderente
nella quasi totalità dei casi; nel 2021, le iscrizioni
relative a contratti assicurativi outlier sono
state circa 100.000). I flussi di iscrizione relativi alle
materie oggetto di mediazione cd. obbligatoria appaiono
costanti con un discreto afflusso nelle materie delle
successioni (5,3%) e delle divisioni (5,2%) ma ancora molto
limitato il ricorso per le questioni relative ai contratti
finanziari (2,5%), risarcimento per diffamazione a mezzo
stampa (1,0%) ed affitto di aziende (0,7%) oltre che per i
patti di famiglia (0,1%) tradizionalmente “fanalino di coda”
anche in considerazione della peculiarità e della (scarsa)
diffusione dell’istituto.
Dal terzo trimestre del 2020 vengono inoltre conteggiate
anche le mediazioni relative alle controversie per
inadempimenti dovuti alla normativa di contenimento del
Sars-CoV-2, come previsto dal d.l.6/20, art.3 commi 6bis e
67ter: la percentuale, anche in questo caso, è inferiore
alle aspettative, dal momento che le mediazioni iscritte
sono state solo 871 (pari allo 0,5%). Sul punto sia
consentita una breve riflessione: il dato si riferisce solo
alle mediazioni per inadempimento a causa del Covid che non
rientrino in altre materie già previste dall’art.5 comma
1bis (quali, ad es. le locazioni); difatti, se sommassimo
alle 871 mediazioni considerate anche le 4.733 relative alle
materie già previste, avremmo una somma di 5.504 procedure
riferibili ad inadempimenti causati dalla normativa
emergenziale. Laddove lo strumento della mediazione
risultava già conosciuto e, per certi versi, “metabolizzato”
come valida alternativa si sono registrati numeri in linea
con le situazioni di crisi lamentate a seguito della
pandemia; diversamente su altre situazioni, l’incertezza ha
portato ad una minima utilizzazione dello stesso. Risulta
allora, ancora una volta, di fondamentale importanza
l’attività di diffusione e divulgazione della cultura della
mediazione, non solo tra gli “addetti ai lavori” ma
soprattutto presso i potenziali fruitori ed utilizzatori
dell’istituto; e, ancora una volta, l’opera degli avvocati e
dei consulenti legali appare fondamentale ed irrinunciabile.
Peraltro, proprio in relazione alle controversie relative
all’inadempimento a causa della normativa emergenziale, la
percentuale di procedure concluse con accordo si colloca tra
le più alte con il 37% complessivo e ben il 63% nei casi di
procedura svolta in più sedute.
In relazione all’esito delle procedure, i dati relativi
all’anno 2021 confermano il trend negativo di contratti
bancari (7%), contratti finanziari (10%) e contratti
assicurativi (15%) che raggiungono basse percentuali di
accordo ed il trend positivo delle procedure in tema di
diritti reali (40%), locazioni (31%), successioni ereditarie
(31%) e divisioni (31%). Non stupisce che la percentuale più
alta sia relativa ai patti di famiglia (47%) e che altra
percentuale alta sia relativa all’affitto di azienda (32%):
l’efficiente e celere risoluzione della controversia si
collega direttamente alla continuità aziendale ed appare
funzionale a non creare (ulteriori) diseconomie. Si
conferma, anche in questo caso, come il ricorso agli
strumenti alternativi, primo tra tutti la mediazione,
rappresenti una scelta valida ed efficiente per le imprese,
per coniugare ragioni della produzione e certezza delle
situazioni e dei rapporti giuridici, risolvendo in tempi
brevi le contestazioni e giungendo a soluzioni efficienti e
condivise.
Dall’analisi di questi primi dati emerge come l’intenzione
di ampliare il catalogo delle materie per le quali prevedere
la mediazione come condizione di procedibilità risponda a
concrete ed apprezzabili esigenze del mercato e possa
contribuire al rafforzamento ed alla competitività delle
imprese; l’art.1 comma 4 lett. c) prevede, infatti,
l’estensione del ricorso alla mediazione anche in materia
“di contratti di associazione in partecipazione, di
consorzio, di franchising, di opera, di rete, di
somministrazione, di società di persone e di subfornitura”:
probabilmente non è un caso che il catalogo delle nuove
materie sia rivolto principalmente alle imprese, proprio per
incrementare il ricorso alle soluzioni negoziali e
valorizzare il ruolo dei professionisti del settore legale e
delle ADR.
2. Mediazioni di “altra natura” (volontaria o da
clausola contrattuale/statutaria)
Da una considerazione più analitica delle
iscrizioni per materia appare significativo che la
percentuale di incremento più alta (+17,4) sia relativa alle
mediazioni di “altra natura” quindi nelle materie non
vincolate dalla condizione di procedibilità: si tratta di un
dato in aumento rispetto alle rilevazioni del 2020 che
testimonia il trend positivo ed il sempre maggiore ricorso
allo strumento alternativo su base volontaria o su clausola
contrattuale/statutaria. La scelta della mediazione
volontaria appare maggiormente efficiente anche in
considerazione della durata media delle procedure (175
giorni, dato costante con la rilevazione del 2020) e della
percentuale di definizione con accordo raggiunto, che sfiora
il 50% nei casi di procedura che prosegue oltre il primo
incontro. Peraltro, anche il numero delle mediazioni
demandate su materia non obbligatoria risulta in crescita ed
appare una ulteriore testimonianza della consapevolezza
della validità del ricorso alle soluzioni negoziali.
Dalla lettura dei dati appare chiaro che, sebbene con un
percorso accidentato, la “cultura della mediazione” come
scelta cooperativa si stia affermando anche nel panorama
italiano, tradizionalmente dominato dalla “cultura del
processo”. La scelta del legislatore della riforma che, come
già accennato, dedica uno dei primi commi della legge delega
alle ADR e propone una serie di interventi tesi a
consolidare il compito delle procedure negoziali, può e deve
leggersi come riconoscimento del valore del cambiamento.
Proprio scorrendo il citato comma 4 dell’art.1 della legge
n.206/2021, peraltro, emerge chiaro anche l’intento di
incrementare il ricorso alla mediazione volontaria,
attraverso strumenti di carattere economico (quali incentivi
di natura fiscale e revisione della disciplina delle spese)
ed interventi sulla procedura (ad es. partecipazione delle
parti, possibilità di delega) e norme rivolte a facilitare
il ricorso alle ADR anche per le pubbliche amministrazioni.
Uno degli indici più significativi della nuova mentalità,
tuttavia, può ravvisarsi, a parere di chi scrive, nella
scelta di compilazione di un Testo Unico sugli strumenti
Complementari alla Giurisdizione (TUSC): la scelta semantica
rivolta alla dimensione della complementarità in luogo della
alternatività denota, infatti, una diversa considerazione
del ruolo e della funzione delle procedure di composizione
negoziale. Il TUSC potrebbe anche rappresentare l’avvio del
percorso virtuoso per il consolidamento delle dinamiche
cooperative di risoluzione delle controversie, portando, nel
corso degli anni, a sostituire la dimensione
dell’obbligatorietà (che ha rappresentato e rappresenta
ancora oggi la via per l’affermazione delle ADR soprattutto
a fronte della diffidenza di alcune categorie professionali
e portatori di interessi).
La diffusione della mediazione volontaria potrebbe
rappresentare il reale punto di svolta per una
razionalizzazione del sistema della giustizia civile,
rappresentando anche il superamento dell’ottica puramente
deflattiva per aderire ad una più matura consapevolezza dei
vantaggi dello strumento negoziale soprattutto per le
imprese ed in ragione di economia dei costi e benefici in
termini di competitività e superamento dei contenziosi.
3. Tipologie di organismo, distribuzione
geografica e assistenza legale
I dati relativi alla classificazione delle
controversie per tipologie di organismo, alla distri-buzione
geografica ed all’assistenza legale contribuiscono alla
definizione dell’attuale quadro d’insieme della mediazione
in Italia. Non stupisce come la percentuale di diffusione
sia nettamente maggiore al nord (36,3% sommando le
percentuali, presentate in forma disaggregata, del
nord-ovest 22,4% e del nord-est 13,9%) rispetto al centro
(30,6%) ed al sud (22,8%) ed alle isole (10,8%), né che sia
la Lombardia la regione con la più alta percentuale (14,3%)
seguita dalla Toscana (13,9%) e dal Lazio (13,2%). Sul
punto, casomai, sarebbe interessante leggere il dato sulla
diffusione della mediazione in combinato con il dato sulla
presenza, nei percorsi universitari e professionali, di
apposite attività formative indirizzate alla implementazione
della formazione di base dei mediatori ed alla diffusione
della cultura delle ADR per i professionisti dell’area
legale e commerciale e delle diverse aree delle scienze
umane interessate.
In relazione alla tipologia di organismo deputato alla
gestione delle procedure, risultano iscritti (alla data del
31.12.2021) al registro presso il Ministero della Giustizia
358 organi-smi privati, 107 organismi presso gli ordini
degli avvocati, 72 organismi presso le Camere di Commercio e
36 organismi presso altri ordini professionali. Il carico
maggiore è svolto dagli organismi privati che hanno gestito
quasi due terzi delle procedure definite (90.942 su 152.919)
con un tasso di definizione, con aderente che prosegue oltre
il primo incontro o che si accorda direttamente nel primo
incontro, del 50,6%. Il periodo della pandemia ha,
indubbiamente, rappresentato un significativo banco di prova
per gli organismi di me-diazione, soprattutto per gli
organismi privati che sono stati chiamati ad attuare una
complessa attività di gestione fronteggiando una situazione
emergenziale che ha imposto nuove modalità di lavoro
sperimentate nel 2020 e consolidate nel 2021. Non sono
disponibili i dati relativi agli organismi che, avendo già
in uso modalità telematiche, hanno potuto fronteggiare al
meglio la situazione emergenziale, né quelli relativi agli
organismi che hanno maggiormente risentito della diminuzione
del volume di affari; tuttavia, il dato sostanzialmente
uniforme del numero di organismi privati censiti permette di
individuare una sostanziale stabilità del mercato. Peraltro
proprio sugli organismi di mediazione si appuntano alcune
delle indicazioni della legge delega n.296/2021: in
particolare, viene demandata al Governo una attività di
“potenziare i requisiti di qualità e trasparenza del
procedimento di mediazione, anche riformando i criteri
indicatori dei requisiti di serietà ed efficienza degli enti
pubblici o privati per l'abilitazione a costituire gli
organismi di mediazione (…) e le modalità della loro
documentazione per l’iscrizione nel registro previsto dalla
medesima norma” nonché “riformare e razionalizzare i criteri
di valutazione dell’idoneità del responsabile dell'organismo
di mediazione, nonché degli obblighi del responsabile
dell'organismo di mediazione e del responsabile scientifico
dell'ente di formazione”. L’attenzione alla qualità e
serietà degli enti erogatori del servizio di amministrazione
della procedura di mediazione civile e commerciale
rappresenta un ulteriore indice dell’attenzione del
legislatore per rendere gli strumenti
alternativi/complementari alla giurisdizione più efficienti
e funzionali e più attrattivi per i potenziali utilizzatori.
Gli ultimi dati che appare opportuno analizzare in questa
veloce lettura sono quelli relativi ed al ricorso al
patrocinio a spese dello stato ed all’assistenza legale. Con
riferimento al primo degli aspetti considerati i dati
evidenziano una assoluta esiguità delle percentuali di
soggetti proponenti (1,1%) ed aderenti (1%) che hanno fruito
del patrocinio a spese dello stato; sul punto, è stato più
volte osservato in commenti e dibattiti sul tema
dell’accesso alla giustizia ed agli strumenti alternativi,
come il profilo economico ed in particolare il paventato
aumenti dei costi possa essere strumentalizzato in chiave
deterrente rispetto all’utilizzo della mediazione: appare
allora quantomai opportuna l’indicazione della legge delega
indirizzata ad ampliare l’ambito di operatività del
patrocinio a spese dello stato; ogni misura di incentivo,
tuttavia, dovrebbe essere accompagnata da opportune campagne
formative/informative rivolte agli operatori ed ai
destinatari/fruitori.
In relazione alla presenza ed al ruolo degli avvocati,
appare opportuno ricordare che l’assistenza legale è
obbligatoria solo per le mediazioni nelle materie
contemplate dall’art.5 comma 1-bis del d.lgs.28/2010 e solo
facoltativa per le mediazioni di “altra natura”. A fronte
delle previsioni normative, tuttavia, deve rilevarsi che la
maggioranza dei proponenti (81%) e degli aderenti (86%) ha
partecipato alle procedure con l’assistenza di un avvocato.
Avvocati e consulenti legali, appare opportuno ribadire,
svolgono un ruolo fondamentale non soltanto in fase di
svolgimento della procedura, ma soprattutto nelle fasi
prodromiche della stessa poiché rappresentano interlocutori
necessari per le imprese già in fase di definizione dei
rapporti giuridici e delle situazioni che potrebbero (in
seguito) degenerare nel contenzioso. La partecipazione
attiva della classe forense al processo di consolidamento
della cultura della mediazione, superate alcune (iniziali)
diffidenze, rappresenta oggi un dato di fatto che
contribuisce ad arricchire tutti i professionisti coinvolti
nella diffusione e nella gestione delle ADR ed impone di
ripensare al ruolo dell’avvocato in mediazione, per
valorizzarne appieno ruolo e funzione in ottica cooperativa
e negozia-le.
Angela Busacca | Aprile 2022 |
|