|
Azione di risoluzione del contratto di
locazione per morosità. Incombe sul locatore l’onere
di instaurare la mediazione obbligatoria, a seguito
del mutamento di rito | Sezione
Giurisprudenza |
> Vai alla Giurisprudenza
completa |
a
cura di Giovanna Crocè
“L'art. 5 comma 1bis d.lgvo
28/2010 dispone “chi intende esercitare in giudizio
un'azione relativa a una controversia in materia di
condominio, diritti reali, divisione, successioni
ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto
di aziende ….è tenuto, assistito dall'avvocato,
preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione…”.
È indubbio che la parte che ha inteso esercitare in giudizio
un'azione di risoluzione del contratto di locazione per
morosità è la parte locatrice. È il locatore, e non il
conduttore, che avanza delle “pretese” (art.4 comma 2 d. lgs
28/2010) nei confronti della controparte. È quindi il
locatore che deve presentare la domanda di mediazione e non
il conduttore, che ad essa resiste. Ne consegue che il
locatore non può lucrare dal suo inadempimento e quindi
dall'improcedibilità della domanda giudiziale, la
definitività dell'ordinanza provvisoria di rilascio. Una
domanda giudiziale “improcedibile” non può logicamente
generare un provvedimento giurisdizionale irrevocabile.
L'ordinanza provvisoria deve pertanto essere revocata”
Tribunale di Ferrara, 30 dicembre 2021
Il giudice di merito ha dichiarato improcedibile la domanda
di risoluzione del contratto di locazione, proposta dal
locatore a seguito di ordinanza provvisoria di rilascio. Il
Tribunale, pur aderendo alla tesi della non perentorietà del
termine di quindici giorni assegnato dal giudice per avviare
il procedimento di mediazione, richiamando la pronuncia
della Corte di Cassazione n. 40035/2021, ha affermato che la
parte può avanzare la domanda di mediazione oltre il termine
ordinatorio assegnato dal giudice, senza - per ciò solo -
incorrere nella declaratoria di improcedibilità della
domanda giudiziale. Tuttavia, “nel quadro interpretativo
così delineato, ove l'udienza di verifica sia stata fissata
subito dopo la scadenza del termine di durata della
mediazione, ai sensi dell'art. 6 d.lgs. 28/2010, senza che
il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia
concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che
ha ritardato la presentazione della istanza, quest'ultima si
espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia
dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento
della mediazione entro il termine di durata della procedura
previsto per legge” (Cass. 40035/2021). Diversamente, ove il
procedimento di mediazione si sia concluso entro il termine
di legge (o, comunque, anche successivamente ma pur sempre
prima della celebrazione della udienza di rinvio), benché
iniziato dopo la scadenza del termine assegnato dal giudice,
giammai l'iniziale ritardo potrà determinare la declaratoria
di improcedibilità della domanda giudiziale.
Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, il
Giudice di merito ha dichiarato improcedibile la domanda ,
rilevando che l'incontestato ritardo nella presentazione
della domanda di mediazione ha avuto una ripercussione
negativa, sia sui tempi di definizione della procedura, la
quale non si è potuta concludere entro i tre mesi dalla
scadenza del termine assegnato dal giudice, sia sui tempi di
definizione del processo, posto che all'udienza di rinvio,
il locatore ha avanzato istanza di rinvio del processo per
consentire l'esperimento della procedura di mediazione, che
era stata tardivamente intrapresa.
|
|
TRIBUNALE DI FERRARA
30 DICEMBRE 2021 |
|
Omissis
L'eccezione di improcedibilità
della domanda è fondata e, pertanto, merita di essere
accolta.
Il giudice della fase sommaria,
all'udienza del 28 luglio 2021, disposto il mutamento del
rito, ha invitato le parti alla mediazione – divenuta
obbligatoria ex art. 5 comma 4 lettera b)- ed indicato i
termini perentori per il deposito delle note integrative.
Il giudice, pur non assegnando
esplicitamente il termine di giorni 15, ha collocato la fase
obbligatoria di mediazione in tempo precedente al deposito
delle memorie integrative (“incombenti da completare entro
la scadenza del primo dei termini di seguito assegnati ai
sensi dell'art.426 c.p.c”.) D'altro canto, “Nella mediazione
obbligatoria, prevista dal d.lgs. n. 28 del 2010, il
provvedimento giudiziale che, nel disporre l'esperimento del
procedimento, ometta l'indicazione del termine per la
presentazione della relativa domanda è inficiato da mera
irregolarità formale, posto che non si determina alcuna
incertezza in capo alle parti essendo la durata di detto
termine stabilita in misura fissa dalla legge” (Sez. 6 - 2,
Ordinanza n. 2775 del 06/02/2020, Rv. 657251 - 01).
Nessuna delle due parti ha
avviato la procedura di mediazione nei 15 giorni, scadenti
il 12 agosto, ma solo il 26 novembre 2021, a ridosso
dell'udienza del 1° dicembre 2021 di cui è stato chiesto dal
locatore il differimento per poter completare la procedura.
Sugli effetti del mancato
esperimento della mediazione entro il termine si registrano
nella giurisprudenza di merito orientamenti diversi, come
dimostrato dalle pronunce prodotte dalle parti all'udienza
del 1 dicembre 2021.
Secondo un primo indirizzo,
sposato in questa sede dalla omissis, il termine di quindici
giorni ha carattere perentorio, pur in assenza di una
esplicita previsione legale in tal senso, derivando tale
conclusione dal principio giurisprudenziale secondo cui il
carattere della perentorietà del termine può desumersi,
anche in via interpretativa, tutte le volte che, per lo
scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso
debba essere rigorosamente osservato (cfr., in questo senso,
Cass. n. 14624/00; Cass., n. 4530/04). In relazione alla
fattispecie della mediazione l'implicita natura perentoria
del termine in parola si evincerebbe dalla stessa gravità
della sanzione prevista, vale a dire l'improcedibilità della
domanda giudiziale per il mancato esperimento della
mediazione. Ne consegue che il tardivo esperimento della
mediazione disposta dal giudice produce gli stessi effetti
del mancato esperimento della stessa, ossia impedisce
l'avveramento della condizione di procedibilità ed impone,
sempre e comunque (vale a dire, senza possibilità di
sanatoria), la declaratoria di improcedibilità del giudizio,
con chiusura in rito del processo (cfr., in tal senso, Trib.
Padova, sezione II 18 aprile 2018; Trib. Spoleto, 19
dicembre 2019 n.961; Trib. Bologna, 15.03.2015 Trib. Reggio
Emilia, 14.07.2016, Trib. Lecce, 03.03.2017).
Un opposto orientamento
giurisprudenziale – sostenuto dalla omissis – ritiene invece
che, in assenza di una espressa previsione di perentorietà
del termine assegnato dal giudice la presentazione della
domanda di mediazione successivamente al termine di quindici
giorni non consente di ritenere operante la sanzione di
improcedibilità prevista per il mancato esperimento del
tentativo di mediazione, dovendosi dare prevalenza
all'effetto sostanziale dello svolgimento del procedimento
(cfr., Trib. Milano, 27.09.2016; Trib. Pavia, 14.10.2015).
Ne deriva che la tardività
dell'instaurazione del procedimento di mediazione non può
essere equiparata al mancato svolgimento del procedimento
medesimo.
La tesi della non perentorietà
del termine appare maggiormente convincente.
Tuttavia ciò non significa e non
può significare che la parte onerata non abbia limite
alcuno, come sostenuto da alcune pronunce di merito tra cui
Corte d'appello di Firenze 13 gennaio 2020 e Tribunale di
Vasto 27 settembre 2017. Nelle more della redazione di
questa motivazione la Corte di Cassazione ha peraltro
confermato l'orientamento che si va ad esporre. (Cass, 14
dicembre 2021 n.40035)
La tesi della perentorietà del
termine, invero, “non ha il conforto dell'art. 152, comma 2
cod.
proc. civ., non essendovi
indicazione legislativa in tal senso. .L'art. 5, comma 2,
d.lgs.
28/2010 non prevede poi
espressamente l'adozione di pronuncia di improcedibilità a
seguito del mancato esperimento del procedimento di
mediazione delegata entro il termine di quindici giorni.
L'attivazione della mediazione delegata non costituisce
peraltro attività giurisdizionale e, quindi, appare
effettivamente impropria l'applicazione di termini perentori
in mancanza di espresse previsioni in tal senso” (Cass.
40035/2021).
L'art. 5,sia al primo comma bis
che al secondo comma, inoltre, riconnette l'improcedibilità
al mancato esperimento della mediazione, e non al mancato
esperimento entro il termine.
Lo scopo sotteso alla
assegnazione del termine di quindici giorni per la
presentazione della domanda di mediazione è quello di
compulsare le parti all'attivazione della procedura, in modo
che essa possa essere portata a termine prima della
celebrazione della udienza di rinvio, che – a sua volta –
deve essere fissata dopo la scadenza del termine di durata
della mediazione, non superiore a tre mesi (art.6). In altre
parole, come ben esplicato dal tribunale di Vasto, con
argomentazione oggi condivisa dalla Suprema Corte (Cass.
40035/2021) “ la ratio legis della previsione del termine di
quindici giorni risponde alla esigenza di garantire certezza
dei tempi di definizione della procedura di mediazione,
affinché la parentesi extraprocessuale, che si apre con
l'emissione della ordinanza di rimessione delle parti in
mediazione, possa chiudersi entro la data di rinvio del
processo ed in tempo utile ad evitare che il tentativo di
raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti ridondi
in danno della durata complessiva del processo, provocando
uno slittamento ulteriore della udienza di rinvio e, dunque,
un allungamento dei tempi di definizione del giudizio”.
Ne consegue che la parte può
avanzare la domanda di mediazione oltre il termine
ordinatorio assegnato dal giudice, senza - per ciò solo -
incorrere nella declaratoria di improcedibilità della
domanda giudiziale. Tuttavia “nel quadro interpretativo così
delineato, che ove l'udienza di verifica sia stata fissata
subito dopo la scadenza del termine di durata della
mediazione, ai sensi dell'art. 6 d.lgs. 28/2010, senza che
il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia
concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che
ha ritardato la presentazione della istanza, quest'ultima si
espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia
dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento
della mediazione entro il termine di durata della procedura
previsto per legge” (Cass. 40035/2021).
Diversamente, ove il procedimento
di mediazione si sia concluso entro il termine di legge (o,
comunque, anche successivamente ma pur sempre prima della
celebrazione della udienza di rinvio), benché iniziato dopo
la scadenza del termine assegnato dal giudice, giammai
l'iniziale ritardo potrà determinare la declaratoria di
improcedibilità della domanda giudiziale.
Facendo applicazione al caso di
specie dei principi di diritto innanzi enunciati, risulta
dalla documentazione in atti che la domanda di mediazione è
stata avanzata da omissis il 26 novembre 2021, dopo che la
controparte aveva eccepito l'improcedibilità della domanda e
a quattro giorni dall'udienza del 1° dicembre 2021, ove la
parte conduttrice ha insistito nella propria eccezione
mentre la parte locatrice ha chiesto il rinvio dell'udienza
onde completare la mediazione tardivamente iniziata. Orbene,
non vi è dubbio che nella fattispecie l'incontestato ritardo
nella presentazione della domanda di mediazione ha avuto una
ripercussione negativa, sia sui tempi di definizione della
procedura, la quale non si è potuta concludere entro i tre
mesi dalla scadenza del termine assegnato dal giudice, sia
sui tempi di definizione del processo, posto che all'udienza
di rinvio, fissata per il 1°dicembre il locatore ha avanzato
istanza di rinvio del processo per consentire l'esperimento
della procedura di mediazione, che era stata tardivamente
intrapresa.
La condizione di procedibilità
non si è pertanto verificata.
La parte locatrice ritiene che la
procedura di mediazione dovesse essere esperita dal
conduttore. Quest'ultimo aveva infatti interesse a che il
processo iniziato con citazione per convalida di sfratto,
proseguisse per l'accertamento della fondatezza delle
proprie eccezioni, onde rimuovere l'ordinanza provvisoria di
rilascio.
La tesi non è condivisibile.
L'art. 5 comma 1bis d.lgvo
28/2010 dispone “chi intende esercitare in giudizio
un'azione relativa a una controversia in materia di
condominio, diritti reali, divisione, successioni
ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto
di aziende ….è tenuto, assistito dall'avvocato,
preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione…”.
È indubbio che la parte che ha
inteso esercitare in giudizio un'azione di risoluzione del
contratto di locazione per morosità è la parte locatrice. E'
il locatore, e non il conduttore, che avanza delle “pretese”
(art.4 comma 2 d. lgs 28/2010) nei confronti della
controparte.
È quindi il locatore che deve
presentare la domanda di mediazione e non il conduttore, che
ad essa resiste.
Ne consegue che il locatore non
può lucrare dal suo inadempimento e quindi
dall'improcedibilità della domanda giudiziale, la
definitività dell'ordinanza provvisoria di rilascio. Una
domanda giudiziale “improcedibile” non può logicamente
generare un provvedimento giurisdizionale irrevocabile.
L'ordinanza provvisoria deve
pertanto essere revocata.
Le spese seguono la soccombenza e
sono liquidate in dispositivo secondo i parametri minimi
previsti dal DM 55/2014 per la fascia di valore della causa
(€ 203 fase studio, € 203 fase introduttiva, € 567 fase
trattazione, € 405 fase decisionale). |
PQM
|
Dichiara improcedibile la domanda giudiziale promossa da
omissis ex art. 5 comma 1 bis del d.lgivo 28/2010; revoca
l'ordinanza provvisoria di rilascio emessa il 28 luglio 2021
all'esito della fase sommaria; condanna omissis a rifondere
a controparte le spese di lite che liquida in €1.584,70
oltre IVA e CPA. |
|