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In caso di mediazione obbligatoria ope
iudicis, la Corte di Cassazione si esprime
sulla non perentorietà del termine di quindici
giorni | Sezione Giurisprudenza |
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completa |
a
cura di Giovanna Crocè
“Ai fini della sussistenza
della condizione di procedibilità di cui al D.Lgs n 28 del
2010, art. 5, commi 2 e 2 bis, ciò che rileva nei casi di
mediazione obbligatoria ope iudicis è l’utile esperimento ,
entro l’udienza di rinvio fissata dal Giudice , della
procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro
delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza
l’accordo e non già l’avvio di essa nel termine di 15 giorni
indicato dal medesimo giudice delegante con l’ordinanza che
dispone la mediazione”
Cass. Civ. sez. II, 14 dicembre 2021 n. 40035/2021
In caso di mediazione obbligatoria ope iudicis, la
Corte di Cassazione si esprime sulla non perentorietà del
termine di quindici giorni assegnato dal Giudice alle parti
per l’esperimento del tentativo di conciliazione,
evidenziando che in mancanza di espresse previsioni
normative, appare impropria l’applicazione di termini
perentori, non trattandosi di attività giurisdizionale.
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE |
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Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Presidente -
Dott. BERTUZZI Mario - Consigliere -
Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere -
Dott. CASADONTE Annamaria - rel. Consigliera -
Dott. OLIVA Stefano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente: |
SENTENZA |
sul ricorso 12373/2019 proposto
da:
XXX, in proprio e quale legale rappresentante di
XXX s.r.l., elettivamente domiciliato in Roma,
presso lo studio dell'avvocato XXX, rappresentato e difeso
dall'avvocato XXX;
- ricorrente -
contro
XXX SRL, elettivamente domiciliata in Roma,
presso lo studio dell'avvocato XXX, che la
rappresenta e difende unitamente all'avvocato XXX;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 2528/2018 della Corte d'appello di
Bologna,
depositata il 09/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di
consiglio del
20/10/2021 dalla Consigliera Dott. Annamaria Casadonte;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto
procuratore
Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha chiesto
l'accoglimento del
terzo o motivo ed il rigetto degli altri.
FATTI DI CAUSA
1. XXX, in proprio e quale legale rappresentante della
società XXX s.r.l., proponeva opposizione avverso il decreto
ingiuntivo emesso dal Tribunale di Parma su ricorso della
società XXX s.r.l. per il pagamento di Euro 100.000,00 oltre
interessi, quale corrispettivo dell'attività di
coordinamento e sviluppo informatico del prototipo di nuova
spazzatrice, sulla scorta della ricognizione di debito
sottoscritta personalmente dal XXX.
2. L'opponente deduceva l'infondatezza della pretesa
creditoria disconoscendo il documento contenente l'asserita
ricognizione di debito.
3. Si costituiva nel giudizio di opposizione la società XXX
che formulava istanza di concessione della provvisoria
esecutorietà del decreto opposto nonché istanza di
verificazione della scrittura disconosciuta.
4. Per quanto qui rileva, è utile descrivere l'iter
processuale in primo grado.
4.1. Il tribunale parmigiano disponeva la consulenza
grafologica affidando l'incarico al consulente nel corso
dell'udienza del 17 giugno 2015.
4.2. A seguito di successiva istanza avente ad oggetto le
scritture di comparazione, il giudice istruttore disponeva
poi la sospensione dei termini stabiliti per il deposito
della CTU e fissava per la comparizione delle parti
l'udienza del 14 ottobre 2015.
4.3.Alla suddetta udienza, il giudice disponeva la proroga
del termine previsto per il deposito della CTU al giorno 26
febbraio 2016, prescrivendo altresì che le parti,
successivamente al deposito della consulenza tecnica
esperissero, ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5,
comma 2, il tentativo di mediazione delegata ed assegnava a
tale scopo il termine di 15 giorni dal deposito
dell'elaborato del ctu, con avviso alle parti che, in
mancanza, il giudizio sarebbe divenuto improcedibile;
inoltre il giudice disponeva il rinvio della causa
all'udienza del 21 settembre 2016.
4.4. La consulenza d'ufficio era depositata in anticipo
rispetto al termine del 26 febbraio 2016 indicato come
scadenza dal giudice e cioè il 1 febbraio 2016, senza
comunicazione di ciò alle parti né ad opera del ctu né della
cancelleria.
4.5. In data 25 marzo 2016, scaduto il termine di quindici
giorni assegnato dal giudice senza che nessuna delle parti
avesse introdotto la mediazione, la parte opposta depositava
istanza di anticipazione dell'udienza del settembre 2016.
4.6. L'opponente introduceva in data 17 maggio 2016 la
mediazione.
4.7. Con ordinanza del 3 giugno 2016 il giudice istruttore,
che aveva anticipato all'8 giugno 2016 l'udienza
originariamente fissata al 21 settembre 2016 e che aveva nel
frattempo ricevuto in data 31 maggio 2016 istanza di
differimento della stessa formulata dalla parte opponente e
motivata dalla necessità di concludere la mediazione,
confermava l'udienza del 21 settembre 2016.
4.8. All'udienza suddetta il difensore dell'opposta XXX
produceva il verbale di mancata conciliazione nel
procedimento di mediazione.
4.9. Il giudizio di primo grado proseguiva sino alla
pronuncia della sentenza n. 1308 del 2017 con cui il
tribunale dichiarava l'improcedibilità della domanda con
conferma del decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo ed
integrale compensazione delle spese di lite. 5. La parte
opponente ha proposto gravame in via principale e la società
XXX in via incidentale e la Corte d'appello di Bologna ha
emesso la sentenza qui impugnata, con la quale ha rigettato
l'appello principale ed accolto quello incidentale sulle
spese del giudizio di primo grado e condannato altresì gli
appellanti principali alle spese del giudizio d'appello.
6. La cassazione della sentenza d'appello è chiesta da XXX,
in proprio e quale rappresentante di XXX, con ricorso
articolato in quattro motivi, illustrati da memoria ex art.
380 bis.1 c.p.c., cui resiste la società XXX con
controricorso pure illustrato da memoria.
6.1. Con ordinanza interlocutoria assunta all'esito
dell'adunanza camerale del 6 maggio 2021 il ricorso, avente
carattere nomofilattico, è stato rimesso alla trattazione in
pubblica udienza.
6.2 In prossimità dell'udienza entrambe le parti hanno
depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
7. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360
c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione
degli artt. 152 e 154 c.p.c., in relazione del D.Lgs. n. 28
del 2010, art. 5, comma 2, per avere la sentenza impugnata
affermato la perentorietà del termine assegnato per
l'instaurazione della mediazione.
7.1. Si contesta cioè che la corte bolognese abbia
erroneamente ritenuto il termine previsto del D.Lgs. n. 28
del 2020, art. 5, comma 2, quale termine endoprocessuale
mentre, in realtà, ad esso non si applicherebbe la
disciplina prevista dall'art. 152 c.p.c. e l'effettivo
esperimento del procedimento di mediazione vale a sanare la
sua eventuale tardività.
8. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art.
360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa
applicazione degli art. 152 e 154 c.p.c., per avere la corte
territoriale erroneamente disatteso la censura proposta
dagli appellanti in ordine al carattere indeterminato del
termine di quindici giorni per l'avvio della mediazione, per
essere stato, nel caso di specie, il termine agganciato non
ad una data certa ma a quella di effettivo deposito della
ctu.
8.1. Parimenti si ritiene errata la conclusione che comunque
la mediazione non risultava avviata neanche a seguito della
comunicazione dell'ordinanza con cui si anticipava l'udienza
di settembre, comunicazione che implicava l'avvenuto
deposito della ctu.
9. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all'art.
360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa
applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 4,
lett. a), per avere la pronuncia della corte felsinea
ritenuto che la parte onerata dell'avvio della procedura di
mediazione delegata era l'opponente.
10. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all'art.
360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa
applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2 e
art. 6, per avere la corte territoriale escluso il valore
sostanziale della mediazione tardiva ritenendo
l'interpretazione proposta dagli appellanti fondata sulla
radicale inutilità del termine legale, a prescindere dalla
sua natura perentoria
od ordinatoria.
11. I quattro motivi riguardando, seppure sotto diversi
aspetti, la medesima questione dell'operatività della
mediazione demandata quale condizione di procedibilità ai
sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art.5, commi 2 e 2 bis e
art. 6, possono essere trattati congiuntamente.
12. Le censure sono fondate per quanto di seguito
considerato.
13. Esse richiamano l'attenzione della Corte
sull'interpretazione della disciplina riguardante la
mediazione obbligatoria ope iudicis o demandata dal giudice
come stabilita nell'ambito del D.Lgs. n. 28 del 2010, art.
5, commi 2 e 2 bis e art. 6.
13.1. La normativa introdotta con il D.Lgs. n. 28 del 2010,
ed aggiornata con il D.L. n. 69 del 2013, conv. con
modificazioni nella L. n. 98 del 2013, prevede all'art. 5,
commi 2 e 2 bis che: "2. Fermo quanto previsto dal comma
1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice,
anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura
della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento
delle parti, può disporre l'esperimento del procedimento di
mediazione; in tal caso, l'esperimento del procedimento di
mediazione è condizione di procedibilità della domanda
giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui
al periodo precedente è adottato prima dell'udienza di
precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza
non è prevista, prima della discussione della causa. Il
giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del
termine di cui all'art. 6 e, quando la
mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente
alle parti il termine di quindici giorni per la
presentazione della domanda di mediazione.
2-bis. Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è
condizione di procedibilità della domanda giudiziale la
condizione si considera avverata se il primo incontro
dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo".
L'art. 6 prevede che: "1. Il procedimento di mediazione ha
una durata non superiore a tre mesi.
2. Il termine di cui al comma 1, decorre dalla data di
deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza
di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa
e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della
causa ai sensi del sesto o del settimo periodo del comma
1-bis dell'art. 5, ovvero ai sensi dell'art. 5, comma 2, non
è soggetto a sospensione feriale".
14. La novella del 2013 ha attribuito al giudice il potere
di invitare le parti ad attivare la mediazione anche nelle
materie per le quali del Decreto n. 28 del 2010, art. 5,
esclude l'obbligatorietà, indipendentemente dalla loro
adesione, originariamente richiesta. Il provvedimento può
essere adottato, anche in appello, fino all'udienza di
precisazione delle conclusioni o, se non prevista, fino alla
discussione della causa anche nei casi in cui l'attore prima
dell'introduzione del giudizio abbia già (inutilmente)
esperito il tentativo obbligatorio.
15. La disciplina dispone che ove il giudice, in ragione
della natura, lo stato dell'istruttoria ed il comportamento
delle parti, ritenga che la causa presenti indici di
mediabilità e possa, quindi, essere definita mediante un
accordo amichevole attraverso l'elaborazione di una
proposta, dispone l'invio delle parti in mediazione senza
necessità di raccogliere il consenso delle parti, cosicché
accanto alla mediazione obbligatoria ope legis è prevista
una mediazione obbligatoria ope iudicis. Ove il giudice
disponga in tal senso, l'esperimento della mediazione
diviene condizione di procedibilità della domanda
giudiziale.
16. Sulla concreta operatività di tale parentesi non
giurisdizionale all'interno del processo, il legislatore si
è limitato a prevedere che il giudice, indicate le suddette
ragioni, fissi l'udienza successiva alla scadenza del
termine (inizialmente di quattro ma dopo la riforma del
2013) di tre mesi previsto per la durata della mediazione
dal D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 6 e, ove essa non sia stata
già avviata, assegna altresì il termine di quindici giorni
per la presentazione della domanda.
16. La giurisprudenza di merito, chiamata a pronunciarsi su
come debba essere inteso il suddetto termine, sulle
conseguenze del mancato rispetto dello stesso, ha assunto
differenti posizioni interpretative.
17. In alcuni casi è stato ritenuto che il termine di
quindici giorni sia ordinatorio, in altri che sia
perentorio, in altri ancora che non si tratti di un termine
endoprocessuale con conseguente inapplicabilità dell'art.
152 c.p.c..
18. Anche la dottrina ha approfondito la questione della
natura del termine e le conseguenze del suo mancato
rispetto, pervenendo in prevalenza alla soluzione che
l'inutile decorso del termine di quindici giorni per
l'attivazione del tentativo di mediazione non determini
l'improcedibilità della domanda giudiziale ove il
procedimento sia stato, comunque, attivato in tempo utile o
si sia concluso prima dell'udienza fissata per la
prosecuzione del giudizio.
19. La soluzione che si adotta ha, inevitabilmente,
differenti ricadute sul riconoscimento della prevista
condizione di procedibilità e sulla relativa declaratoria di
improcedibilità della domanda giudiziale, ricollegandola
cioè alla mancata presentazione della domanda nel suddetto
termine, ove ritenuto perentorio, passando in secondo piano
la circostanza dell'effettivo svolgimento della mediazione.
20. La Corte ha già fornito, in tema di mediazione quale
condizione di procedibilità della domanda, alcune soluzioni
interpretative.
20.1. In particolare, con la sentenza n. 8473/2019, la Corte
ha affermato che la condizione di procedibilità può
ritenersi realizzata al termine del primo incontro davanti
al mediatore, qualora una o entrambe le parti, richieste dal
mediatore dopo essere state adeguatamente informate sulla
mediazione, comunichino la propria indisponibilità di
procedere oltre.
20.2 Le Sezioni Unite civili hanno poi, con la sentenza n.
19596/2020, chiarito che la parte onerata della
presentazione della domanda di mediazione obbligatoria ai
sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art.5, comma 1 bis, nei
casi di opposizione a decreto ingiuntivo, sia il creditore
opposto per la assorbente considerazione che essa è
"condizione di procedibilità della domanda giudiziale" che è
quella sostanziale del ricorrente in monitorio (cfr. Cass.
159/2021), cui possono aggiungersi, nei limiti consentiti,
altre domande proposte in via riconvenzionale
dall'opponente.
21. In questo contesto giurisprudenziale viene ora
all'attenzione della Corte la fattispecie della mediazione
delegata, in cui cioè non si verte nelle materie indicate
nel D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 1 bis, ma sempre
nell'ambito di un giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo, nel corso del quale, decisa la sospensione della
provvisoria esecutorietà, assegnati i termini ex art. 183
c.p.c.,
comma 6, all'esito della decisione sulla provvisoria
esecutorietà e dello svolgimento della ctu, il giudice ha
discrezionalmente disposto l'avvio delle parti in mediazione
(cfr. Cass. 2775/2020), fissando l'udienza successiva ed
assegnando il termine di 15 giorni dal deposito della ctu
per la presentazione della domanda di avvio del procedimento
di mediazione.
21. Ebbene, ritiene la Corte che in tale evenienza, al fine
di stabilire se si sia verificata o meno la condizione di
procedibilità della domanda giudiziale, debba aversi
riguardo alla specifica prescrizione di legge secondo la
quale "l'esperimento del procedimento di mediazione è
condizione di procedibilità della domanda" (D.Lgs. n. 28 del
2010, art. 5, comma 2, seconda parte del primo periodo,) e
ancora "quando l'esperimento del procedimento di mediazione
è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la
condizione si considera avverata se il primo incontro
dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo" (D.Lgs. n.
28 del 2010, art. 5, comma 2 bis).
22. Si tratta di univoche indicazioni con le quali il
legislatore ha inteso riconnettere la statuizione giudiziale
sulla procedibilità della domanda al solo evento
dell'esperimento del procedimento di mediazione e non al
mancato rispetto del termine di presentazione della domanda
di mediazione.
23. Esse appaiono la chiave di volta per la ricostruzione
interpretativa della normativa sulla mediazione demandata
perché indicano il necessario parametro di riferimento cui
agganciare la declaratoria giudiziale di improcedibilità
della domanda giudiziale.
24. Tale lettura appare coerente con la riconosciuta natura
non perentoria del termine di quindici giorni, fissato dal
giudice ai sensi del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2,
e tale rimasto anche nella disciplina risultata a seguito
della riforma legislativa del 2013, che non è intervenuta
sul punto.
25. La diversa conclusione non ha il conforto dell'art. 152
c.p.c., comma 2, non essendovi indicazione legislativa in
tal senso.
25.1. Il D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, comma 2, non prevede
poi espressamente l'adozione di pronuncia di improcedibilità
a seguito del mancato esperimento del procedimento di
mediazione delegata entro il termine di quindici giorni.
25.2. L'attivazione della mediazione delegata non
costituisce peraltro attività giurisdizionale e, quindi,
appare effettivamente impropria l'applicazione di termini
perentori in mancanza di espresse previsioni in tal senso.
25.3. Inoltre, l'adozione della sanzione della decadenza
richiede una manifestazione di volontà espressa dal
legislatore non desumibile dalla disciplina sulla
mediazione.
25.4. Ancora, la natura non perentoria trova conforto nella
previsione che il giudice deve fissare una successiva
udienza tenendo conto della scadenza del termine massimo
della durata della mediazione.
26. Anche la ratio legis sottesa alla mediazione
obbligatoria ope iudicis e cioè la ricerca della soluzione
migliore possibile per le parti, dato un certo stato di
avanzamento della lite e certe sue caratteristiche, mal si
concilia con la tesi della natura perentoria del termine,
che finirebbe per giustificare il paradosso di non poter
considerare utilmente esperite le mediazioni conclusesi
senza pregiudizio per il prosieguo del processo solo perché
tardivamente attivate, e così escludendo in un procedimento
deformalizzato qual è quello di mediazione l'operatività del
generale principio del raggiungimento dello scopo.
27. Appare, pertanto, più coerente con la sistematica
interpretazione delle disposizioni sulla mediazione e con la
finalità della mediazione demandata dal giudice in corso di
causa privilegiare la verifica dell'effettivo esperimento
della mediazione.
28. Tale verifica deve svolgersi all'udienza fissata dal
giudice con il provvedimento con cui aveva disposto l'invio
delle parti in mediazione.
29. Se in quella udienza risulta che vi sia stato il primo
incontro dinanzi al mediatore conclusosi senza l'accordo
(D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, comma 2 bis), il giudice
non potrà che accertare l'avveramento della condizione di
procedibilità e proseguire il giudizio.
30. Così intesa, la norma raggiunge lo scopo cui è rivolta e
cioè faorire, ove possibile ed in termini effettivi, forme
alternative ma altrettanto satisfattive di tutela mediante
la composizione amichevole delle liti ed al contempo
conferma il carattere di extrema ratio che il legislatore
della mediazione riconosce, in prospettiva deflattiva, alla
tutela giurisdizionale.
31. Tale interpretazione risulta altresì conforme al
principio della ragionevole durata del processo, perché la
verifica all'udienza fissata D.Lgs. n. 28 del 2010, ex art.
5, comma 2, è già ricompresa nell'intervallo temporale
delimitato dalla previsione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art.
7, a mente del quale "Il periodo di cui all'art. 6 e il
periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell'art.
5, commi 1-bis e 2, non si computano ai fini di cui della L.
24 marzo 2001, n. 89, art. 2".
32. Resta inteso, nel quadro interpretativo così delineato,
che ove l'udienza di verifica sia stata fissata subito dopo
la scadenza del termine di durata della mediazione, ai sensi
del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 6, senza che il procedimento
sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una
colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la
presentazione della istanza, quest'ultima si espone al
rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata
improcedibile, a causa del mancato esperimento della
mediazione entro il termine di durata della procedura
previsto per legge.
33. In tale prospettiva ermeneutica la Corte si è già posta,
riconoscendo rilevanza all'effettivo esperimento della
mediazione delegata a seguito dell'invito in tale senso
rivolto dal giudice ed a prescindere dalla specifica
indicazione del termine di quindici giorni per la
presentazione della domanda di mediazione, osservando che
esso costituisce un termine fisso la cui mancanza può
costituire al più una formale irregolarità (cfr. Cass.
2775/2020).
34. In conclusione, dunque, ritiene il collegio che le
considerazioni sin qui sviluppate conducano ad elaborare il
seguente principio di diritto: Ai fini della sussistenza
della condizione di procedibilità di cui al D.Lgs. n. 28 del
2010, art. 5, commi 2 e 2 bis, ciò che rileva nei casi di
mediazione obbligatoria ope iudicis è l'utile
esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice,
della procedura di mediazione, da intendersi quale primo
incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza
l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di quindici
giorni indicato dal medesimo giudice delegante con
l'ordinanza che dispone la mediazione.
35. Ciò posto, nel caso di specie non vi è dubbio che il
procedimento di mediazione ha avuto luogo entro l'udienza
del 21 settembre 2016, fissata con il provvedimento che l'ha
disposta e che, pertanto, non poteva essere pronunciata
l'improcedibilità della domanda; il ricorso deve essere
accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla
Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, per
riesame dell'appello alla luce dell'enunciato principio di
diritto e, altresì, per le spese del giudizio di
legittimità. |
P.Q.M. |
La Corte accoglie il ricorso,
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di
Bologna, in
diversa composizione, anche per le spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione
Seconda Civile, il 20 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2021 |
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